di Giuseppe Barbato
Foto Giuseppe Nasti
Salernitana-Udinese non è stata un’esibizione di fine stagione, né nelle intenzioni delle squadre né nell’atteggiamento tattico. Non si è giocato ad altissimi ritmi, sfavoriti anche dal gran caldo, ma fa nulla. È stata una partita verissima, con tante indicazioni per il futuro prossimo. La squadra di Sottil non ha regalato nulla e ha affrontato il match con delle chiavi tattiche interessanti. Paulo Sousa è stato bravo a trovare le giuste contromisure, senza stravolgere la squadra. Sarà fondamentale nella prossima stagione, quando le squadre conosceranno meglio la Salernitana e avranno i necessari accorgimenti già pronti.
Gli spazi non sono solo quelli in verticale ma anche quelli in orizzontale. La capacità di intasare o liberare i cosiddetti mezzi-spazi è una delle qualità chiave del calcio di oggi. L’Udinese è tra le squadre più preparate d’Europa in tal senso, a partire dalla scelta di Sottil di dirottare Pereyra a destra. Il Tucumano, autore anche oggi di una grande partita, adattandosi in quella zona garantisce equilibrio e contestualmente libera uno slot sul centro-sinistra. L’inserimento in pianta stabile di Samardzic e l’acquisto di Lovric, tra i più indovinati dell’intera Serie A, dà ai friulani due giocatori abili in tutte le soluzioni: inserimento, tiro, assist. Fondamentale quindi per Sousa non concedere né l’inserimento né l’appoggio in quella zona di campo. Il problema è che la Salernitana lo ha fatto solo nei primi 20 minuti.
Con Thauvin spesso largo a destra era Nestorovski o proprio Pereyra a occupare il centro, con Pirola chiamato all’anticipo e Vilhena a dare la dovuta copertura. Soprattutto l’olandese è mancato, non svolgendo quel lavoro fatto bene da Bohinen a Roma. Appena l’Udinese ha capito che c’era spazio in superiorità l’ha esplorato con imbucate e tagli in verticale semplici e ben eseguiti. Si è visto soprattutto in occasione del secondo gol, dove sono bastati due passaggi per creare la situazione di palla scoperta e andare in porta. Le due occasioni ospiti nel secondo tempo, con Beto e Arslan, nascono da situazioni pressoché identiche. Può cambiare la zona di campo ma è chiara la codifica, nonché la ricerca della verticalità e l’inserimento molteplice che caratterizza quest’Udinese.
Una squadra di alfieri mi verrebbe da dire, abili a tagliare tutta la scacchiera appena il medio gioco offre un canale d’attacco. Anche la Salernitana ha i suoi alfieri: sono Kastanos e Candreva. I granata non hanno saputo muovere il campo a loro piacimento, per merito dell’Udinese che ha negato l’ampiezza e intasato la zona palla. Ed è proprio qui che gli alfieri son venuti fuori, muovendosi a tutto campo e prendendo tanti palloni nella trequarti. Solo così è stato possibile avvicinarsi alla porta di Silvestri e ricucire il gioco, apparso un po’ slegato e basato solo sul lavoro sporco di Piątek. Candreva si è esaltato in fase di riaggressione, con ben otto recuperi. Kastanos, quando si sganciava dalla fascia, diventava di difficile lettura creando sempre l’incertezza al braccetto e alla mezzala di riferimento. Chi dei due deve prenderlo? Su questa domanda la Salernitana ha costruito la vittoria.
Nota finale su Sambia: che il francese abbia gamba e tecnica è indubbio. Il cross per Troost-Ekong, per precisione e forza, non è un colpo casuale. Eppure continua a essere troppo timido nell’atteggiamento in campo e questo è un peccato. Quest’anno gli è mancata la grande prestazione, quella che dà slancio e fiducia. Ha sicuramente l’alibi degli infortuni, tanti piccoli acciacchi che lo hanno rallentato. Penso debba restare, a due condizioni. Sousa dovrà essere bravo a farlo sentire dentro il progetto e lui dovrà trovare sull’erba quella solidità che ha dentro lo spogliatoio.