di Giuseppe Barbato

Si dirà che è calcio di luglio, che è poco attendibile. Alla fine è sempre calcio giocato e il campo dà sempre indicazioni: all’allenatore, che vede lo sviluppo del suo lavoro, ai giocatori, che hanno l’occasione per entrare meglio nei meccanismi, nel pubblico, che ritrova la propria squadra del cuore. Salernitana-Delfino Curi Pescara è stata una partita interessante che ha detto più di quanto potevamo aspettarci. Nel bene e nel male perché c’è da lavorare, sul campo e al calciomercato, e tutte le parti lo sanno.

Cosa vuol dire un cambio modulo?

Paulo Sousa l’aveva annunciato: passare al 4-2-3-1, non per forza stabilmente, è uno degli obiettivi di quest’anno. La struttura, che tanta fortuna ha avuto di recente in A, consente alcune dinamiche classiche del calcio di Sousa e prefigura delle soluzioni tattiche nuove. La squadra è scesa in campo con questa disposizione e l’ha utilizzata per larghi tratti del match, con alcune digressioni al 3-4-2-1 visto l’anno scorso. Le due strutture, pur con alcune differenze, non comportano uno stravolgimento della rosa o dei principii. Comportano degli adattamenti, posizionali e di movimento, che la squadra deve assorbire anche a causa delle assenze.

La struttura del 4-2-3-1, fin dalla prima azione del match

La struttura posizionale del 4-2-3-1 si è vista soprattutto nel primo tempo con la prima costruzione affidata alla linea difensiva e l’obiettivo chiaro di superare almeno la prima linea di pressione avversaria. Si sono viste due opzioni:

  1. uno dei due centrocampisti che si alzava o abbassava per ricevere nello spazio lasciato libero,
  2. uno dei giocatori di trequarti che si abbassava creando superiorità per poi avere il centrocampista che andava a ricreare la superiorità più avanti.

Guardando i movimenti dei centrocampisti del primo tempo si è visto un lavoro interessante di Sfait. Il giovane rumeno è stato bravo a fare “da elastico”, avanti e indietro tra mediana e trequarti. Buoni anche i movimenti di Mamadou Coulibaly che però ha sbagliato troppi appoggi e passaggi in avanti per risultare efficace. L’altra grande alternativa, meno esplorata, è stata la ricerca dell’attaccante quindi lavorando oltre due linee di pressione. In posizione avanzata ha iniziato Valencia che si è mosso molto, senza essere incisivo come boa.

L’impegno del cileno è come sempre encomiabile ma non ha né i movimenti né la fisicità per stare in quella zona e si è visto nell’ultimo terzo di campo. La Salernitana si pone l’obiettivo di attaccare l’area con tanti uomini, occupando più linee orizzontali possibili. Però contro il blocco basso avversario si è creato più volte un intasamento degli spazi che una punta centrale dovrebbe aiutare a risolvere ma Valencia non sempre è riuscito. Necessario dunque un lavoro importante degli interni e dei giocatori della trequarti che devono essere bravi a farsi trovare liberi, oltre la linea di pressione, e creare altri varchi per i compagni. Questa cosa si è vista, per esempio, in occasione del gol di Kastanos.

Segnalo due cose: la prima è Lassana che si smarca e guarda subito in avanti, trovando una buona traccia in verticale. La seconda è Candreva che gioca largo per consentire a Bradaric di giocare sul canale interno, l’esterno romano in questa occasione garantisce anche la copertura preventiva

L’importanza di avere un terzino “lineare”

Partiamo da un’immagine. Questo frame presenta una questione interessante: con la squadra avversaria che schiera due linee compatte e basse è difficile trovare spazi. L’unica ipotesi resta sfruttare l’ampiezza di campo. Nell’occasione verrà servito Mazzocchi ma come si vede anche Sambia poteva essere un’opzione valida. La cosa migliore della partita di ieri è stata questa: la capacità di Sambia, Mazzocchi e Bradaric di lavorare lungo tutta la fascia e garantirsi spazio. Nel corso del match tutti e tre hanno saputo crearsi giocate e situazioni nei canali interni, arrivando spesso al tiro se non al gol. La Salernitana tante volte, anche durante la gestione Nicola, cercava quella situazione risultando però spesso troppo prevedibile.

Paulo Sousa, nella prima conferenza stampa della nuova stagione, ha detto chiaramente che vuole dei difensori diversi, più lineari. Perché lo dice? Perché se tu hai il terzino, o l’esterno di fascia, che viene dentro senza che ci siano altri movimenti sei facile da leggere. Se tu hai un giocatore che va dentro il campo e contemporaneamente hai una potenziale sovrapposizione crei un grosso grattacapo alla difesa. Faticherebbe a coprire sia l’ampiezza di campo sia l’interno e sarebbe ben altra storia. La Fiorentina, con il lavoro di Dodò e Biraghi, è un ottimo esempio in tal senso. La Salernitana vuole controllare il gioco il più possibile e dipendere meno dalle giocate dei singoli. Anche su questo dovrà lavorare molto perché pur avendo tanto possesso si sono viste poche soluzioni corali.

Sambia viene dentro il cambio, grazie a Sfait che riceve sull’esterno e lo serve prontamente sulla corsa

Ultima nota sulla fase di non possesso: la caratura dell’avversario, nonché i ritmi di gioco, hanno permesso di vedere poco in tal senso. Non si sono viste grandi novità, un pressing poco insistito e orientato sulla prima pressione per poi accorciare in avanti (buon lavoro di Sambia e Mazzocchi). Quando la Delfino Curi si è spinta in avanti la Salernitana ha preferito gestire con un blocco medio-basso, senza intensificare il pressing in questo momento della stagione. L’unico dato da tenere in conto è la buona densità, già a questo punto, sulla zona palla che potrà fare da base per una riaggressione efficace.

Raddoppio sull’uomo e almeno due uomini sulla zona palla, pronti a schermare le linee di passaggio

In sintesi: si sono visti primi sprazzi dei principii di gioco che la Salernitana vorrà attuare, a prescindere dalla disposizione in campo. C’è molto da migliorare, al netto della condizione approssimativa e dell’acquisizione dei meccanismi, e c’è da rinforzare le due zone chiave: mediana e attacco. Serve grande qualità in mezzo, sia nel palleggio sia nello smarcamento, e servono uomini d’area che sappiano fare tante cose e costruire palle gol. Per sé e per i compagni.

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