Provare a raccontare quanto è accaduto ieri sera allo stadio Arechi è complicato. Occorrerebbero vocaboli ancora non inseriti nel dizionario della lingua italiana per spiegare davvero lo stato d’animo dei salernitani, costretti – come il protagonista di Arancia Meccanica nella scena finale – ad assistere contro la sua volontà a scene raccapriccianti. Con tanto di mollette posizionate sulle palpebre per tenere gli occhi spalancati. Bastava girarsi intorno in curva Sud prima, durante e dopo il match con l’Inter per vivere un’esperienza al limite dell’umano.

Fanno impressione gli occhi affranti dei tifosi. Se poi sono quelli di un bambino tra le braccia del padre, che versano lacrime copiose e che il padre stesso cerca di asciugare usando proprio una sciarpetta granata, allora ci si rende conto del male arrecato a questa gente. Male che ha un perchè ben preciso, una volontà chiara come l’acqua della fonte e dei carnefici identificabili in modo elementare. Il duo Lotito-Mezzaroma, il direttore sportivo Fabiani, i due trustee, il presidente Figc Gravina, i possibili acquirenti che “dimenticano” la caparra o altro, sono tutti interpreti di un unico soggetto teatrale. Una commedia dell’assurdo che va in scena sulle spalle di una città intera e di una maglia, intrisa del sudore dei campi di periferia (certo), ma orgogliosa della sua dimensione e della sua storia.

Servirebbero “quattro giornate di Napoli”, il coraggio di Rambo, quello dei popoli che non si arrendono neanche davanti all’impossibile. Servirebbe quel “macte animo” scritto nella pietra a destare i salernitani ed a “scagliarli” contro un destino troppo severo, non per i propri demeriti (una retrocessione sul campo dopo essersela giocata fino alla fine ci sta pure) ma per colpa di quei pochi che con i loro comportamenti reiterati stanno infangando il nostro passato e provando a cancellare quel poco di futuro che resta.

Il 31 dicembre è ormai davanti a noi. Se davvero ci sono imprenditori seri che hanno presentato offerte serie e difficili da smontare, si facciano avanti. Le istituzioni per una volta smettano di fare politica di bassa lega e si facciano sentire sui tavoli che contano, anche con iniziative provocatorie ma esplosive. La città scenda in piazza per urlare al mondo del calcio che la multiproprietà e tutto ciò che ne è scaturito in questi 10 anni, è uno dei mali del calcio moderno. Liberiamo la Salernitana! Facciamolo noi innanzitutto con la nostra civiltà, ma allo stesso tempo con la durezza degli spartani di Leonida. Alle Termopoli fermiamo le orde barbariche degli interessi economici e facciamo vincere il cuore e la nostra passione. L’impossibile non esiste!

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