di Giuseppe Barbato
Davide Nicola è il nuovo allenatore della Salernitana: dopo una notte di riflessione, forse più notti considerando che da tempo la posizione di Colantuono era a rischio, la scelta è caduta su di lui. Che tipo di allenatore è? Qual è la sua proposta di calcio? Come potrebbe adattarsi agli uomini a disposizione? La risposta all’ultima domanda l’avremo soltanto nelle prossime settimane, quello che si può fare è alcune congetture a partire dalle risposte alle prime due domande.
Davide Nicola, negli ultimi anni, si è specializzato nella conquista di salvezze ereditando squadre create da altri. Infatti è la quarta volta nelle ultime cinque stagioni in cui viene chiamato in corsa da club che devono conquistare la permanenza in A, peraltro in situazioni complicate, riuscendoci spesso. Negli ultimi anni solo a Udine non è riuscito nell’obiettivo. La salvezza conseguita a Crotone è quella più nota, oltre che spettacolare, ed è quella che può scatenare l’entusiasmo della tifoseria granata. Quelle da guardare con più attenzione sono le ultime due, con Genoa e Torino. In entrambi i casi conseguiva formazioni qualitativamente valide ma in crisi d’identità e di gioco, poco definite sul fronte della proposta calcistica. Il primo lavoro che dovrà fare a Salerno è questo: rifinire la bozza tattica creata da Colantuono dando quegli elementi di ritmo e aggressività che sono risultati il tallone d’Achille di questa squadra. Lo farà partendo dai suoi principii di calcio: occupazione metodica degli spazi, recupero veloce della palla per poi verticalizzare nel volgere di breve tempo. Ciò non significa palla lunga e pedalare, bensì un lavoro sulle transizioni come si vedeva con Castori ma a partire da un baricentro più alto per non farsi schiacciare. Anche perché la Salernitana non se lo può permettere e le partite precedenti lo hanno dimostrato. Ciò sarà possibile lavorando sul posizionamento dei giocatori, con e senza palla, e un movimento verticale del pallone oppure con strappi fisici in grado di spezzare l’equilibrio della squadra avversaria.
L’altra parola d’ordine, oltre a transizione, è proattivo. Qui prendo a prestito delle sue parole, rilasciate a “l’Ultimo Uomo” qualche anno fa: “Se potessi, sbranerei tutti. Vorrei dominare il gioco, vorrei sempre andare a prendere gli avversari alti. […] Purtroppo poi c’è la realtà”. Parole chiare che rendono l’idea dell’atteggiamento di Nicola, anche mentale, fatto di schiettezza e determinazione ma non è tutto. C’è quell’ultima frase che va contestualizzata. Intende dire che non sempre si può fare ma va fatto con criterio, scegliendo le fasi giuste e adattandosi alle caratteristiche della rosa. Sicuramente Nicola avrà un’idea minima dei giocatori e delle proprie caratteristiche, aiutandosi anche col supporto dell’analisi dei dati (insieme a Simone Barone, che farà da vice, ci sarà un nuovo “data analyst” che sostituirà l’esonerato Antonini), ma la piena cognizione della rosa passerà solo dal lavoro in questi giorni al Mary Rosy. Qui capiremo chi rientrerà a pieno nel progetto e anche il modulo, che Nicola reputa assolutamente secondario. Il ragionamento che Nicola dovrà fare riguarda utilizzo dei fantasisti presenti in rosa: Verdi, Ribery e Perotti. Giocatori con caratteristiche diverse e funzioni diverse. Ognuno di loro dovrà fare un lavoro per adattarsi alle idee del tecnico, così da poter risultare al centro della missione salvezza, e Nicola dovrà combinare le sue intenzioni senza rinunciare alle qualità dei rifinitori. Attorno a loro poi girerà il resto della Salernitana che verrà perché le gerarchie sono tutte da riscrivere e non è escluso che ci siano esclusi eccellenti. Perché per Nicola le funzioni contano più dei moduli e la gestione dello spazio più della tecnica pura.