di Giuseppe Barbato
La stagione del Torino era iniziata nel peggiore dei modi. Tutti ricordano Ivan Juric e Davide Vagnati, allenatore e D.S. granata, venire quasi alle mani in un parcheggio. Il filmato metteva in luce la grande diversità di posizioni tra i due, per certi versi ribadita anche ieri dallo stesso Juric in conferenza. Queste le sue parole sulle ambizioni della squadra:
Noi non abbiamo un obiettivo chiaro, pensiamo al decimo posto ma non è un vero obiettivo. La piazza si aspetta di più, ma non è un obiettivo reale. Bisogna avere motivazioni personali e di gruppo
Juric anche quest’anno ha chiesto alla società investimenti importanti conscio che la Serie A, al di fuori delle prime sei, offre ampi spazi di manovra per inserirsi. Dal mercato sono arrivati giocatori come Miranchuk e Schuurs ma manca quel nome che potrebbe dare il salto di qualità. Risultato? Il Torino visto finora è una squadra che ha una base minima, sia tecnica sia tattica, ma ancora qualche limite.
Si segna poco, si subisce poco
Parlando il linguaggio delle scommesse le partite del Torino non sono sfide da Over 2.5: in queste prime 16 giornate solo due volte, contro Atalanta e Napoli, sono stati segnati più di tre gol e in 9 partite sono stati segnati due gol o meno. Segno, da un lato, di squadra che non produce tantissimo in attacco e difensivamente concede relativamente poco. Le partite del Torino, per un buon 50% del tempo, sono ferme sul pareggio e solo per il 15% lo vedono in svantaggio.
C’è un altro aspetto interessante: subisce meno occasioni quando sta perdendo rispetto a quando vince o pareggia. Da cosa dipende? Dall’atteggiamento della squadra, dettato soprattutto dal baricentro. Il Torino non aggredisce altissimo però tiene sempre un baricentro di un certo tipo, in entrambe le fasi. Il vantaggio è duplice: chiudere gli spazi alle avversarie e non farsi schiacciare nella propria metà campo. Lo si vede anche nel possesso palla, generalmente bilanciato tra le due metà campo. Ciò porta, in alcune partite, a un doppio annullamento che crea partite bloccate e con pochi sbocchi.
Da dove passa la costruzione
Il Torino non ha una bocca di fuoco né un rifinitore puro sebbene il rendimento più importante passi dai due rifinitori migliori: Vlasic (4 gol, 2 assist) e Miranchuk (3 gol, 1 assist). Il croato e il russo, con la loro visione e capacità di creare passaggi chiave (rispettivamente 1,77 e 1,83 a partita), fanno da raccordo a una squadra dove la circolazione palla passa dai due braccetti della difesa a tre e dagli esterni a tutta fascia. Vojvoda, Singo e Lazaro sono chiamati a un lavoro importante: garantire le distanze e la necessaria ampiezza di campo, proporsi molto in fase di conduzione palla, dettare o eseguire il passaggio che scardina l’organizzazione difensiva avversaria.
Situazioni che il Torino trova maggiormente quando recupera palla e innesca la transizione, al contrario soffre di più contro difese chiuse e schierate. Questo è il grosso limite del Torino in questa stagione: preferisce sfruttare gli spazi ampi per innescare il passaggio in più o i dribbling di Radonjic ma fatica a crearne da zero. Lo ha dimostrato l’ultima partita contro il Verona: il pari è giunto su una giocata individuale e poi sono mancate occasioni nitide, eccezion fatta per il colpo di testa di Lukic alla fine nato però da un’uscita scriteriata di Montipò.