di Giuseppe Barbato
Bergamo è un luogo particolare dove vivere calcio. Un luogo dove la simbiosi è talmente forte che se cambiassero il nome della città da Bergamo ad Atalanta nessuno noterebbe la differenza, nel quale non si dice “andiamo allo stadio” ma “andiamo all’Atalanta”… o almeno lo era fino a due anni fa quando la Curva Nord, vessata da anni di repressione e criminalizzazione, al punto di esser stata paragonata a un’associazione a delinquere dalla procura di Bergamo (assolti con formula piena), ha deciso di chiudere la propria storia. Da allora qualcosa è sicuramente cambiato: c’è il calore, c’è l’energia di un territorio dove fin dalla nascita ti danno una maglia nero-azzurra, tramite un’iniziativa della società che la regala a ogni nascituro in provincia di Bergamo. Eppure senti che manca un pezzo e ti sarebbe piaciuto vederlo perché bisogna essere onesti: così come gli altri ammirano il pubblico dell’Arechi e vogliono vederlo allo stesso modo avremmo visto con piacere una sfida tra tifoserie appassionate.
Ai tempi della Curva Nord c’era una bandiera che personalmente trovavo geniale nella sua semplicità: tre bande orizzontali, nero bianco e blu, e al centro una scritta, “Prima Durante Dopo”. Tre parole che dicono tutto di come si possono vivere gli spalti, tre parole che unite a una squadra che sa raccogliere lo stimolo sugli spalti diventano una forza difficilissima da arginare. Ieri si è visto tutto questo ma non da parte della squadra di casa: quella magia oggi è appannaggio solo della Salernitana e di un pubblico che anche ieri è stato strepitoso.
Lo è stato prima, al parcheggio di via Spini che ha fatto da raduno ai supporters granata: nell’attesa dei pullman che hanno scortato i tifosi verso il Gewiss Stadium e poi dentro, dove spontaneamente partivano cori e canti: da fuori c’era chi insultava, chi guardava con disprezzo dettato ovviamente dalla sfida ma in tanti applaudivano o filmavano. Perfino una città che dovrebbe cognizione piena di cos’è un tifo caldo e incessante si stupiva davanti alla follia della gente salernitana. Lo è stato durante: basta vedere le immagini delle televisioni, soprattutto a inizio match quando mentre Djuric e Freuler si scambiano i gagliardetti si sente quel “state tutti attenti che”. Immaginatevelo pronunciato da Luca Ward, come l’inizio del “Gladiatore”: scatenate l’inferno. 2000 persone che si sostenevano, che empatizzavano l’una con l’altra, che incitavano la squadra senza pause e senza paura. Perfino durante l’intervallo non sono mancati momenti di tifo, con un pensiero all’amicizia con la tifoseria bresciana di cui proprio in questi giorni ricorre il 25° anniversario. Nemmeno oggi il ricordo di Roberto Bani e della sua sfortunata morte sbiadisce. Lo è stato dopo: nessuno, sugli spalti, ha parlato di rimpianto per i due punti persi. C’era invece una grande gioia per una squadra che ha affrontato a viso aperto una grande squadra, mettendola in seria difficoltà e guadagnando un punto importante. Alla fine, come tutte le volte, è partito quel “Ricordati di me”, ormai inno dei fine gara. Ieri sera aveva una particolare dedica, rivolta a Venezia e Cagliari: ricordati di me, ricordati della Salernitana. Ricordati che dovrai farci visita e fare i conti con tutta questa energia, questo furore che si è acceso e non vuole spegnersi.
Concludo con una nota di cronaca negativa: la vergognosa gestione degli steward e della Digos di Bergamo che hanno aperto solo due tornelli per 1200 persone, creando code lunghissime con perdite di tempo inutili. Un atteggiamento irresponsabile e pericoloso, volto solo a creare tensione e innervosire una tifoseria che voleva solo accedere allo stadio per sostenere la propria squadra. Solo il buonsenso dei tifosi granata ha permesso che la situazione non degenerasse in scontri o altro.