E’ tutto stramaledettamente vero. Lo avevamo sognato, sperato, inseguito nei sogni più proibiti. Lo abbiamo sofferto come non mai, come quel parto in pieno travaglio che non smette di tenerti senza fiato, con lo stomaco bloccato. E ora ce lo godiamo tutto. Siamo emozione e sentimento, siamo quella espressione – macte animo – che solo in pochi oggi, a Salerno, non conoscono il significato, siamo e saremo salernitani. Di nascita o di acquisizione, di salsedine e mare, di rabbia e di dolore. Siamo l’essenza della Bersagliera, nostro simbolo itinerante. Siamo quell’identità di popolo che altri hanno smarrito inseguendo il proprio smisurato ego, la propria saccenza, tipica di chi si sente superiore, il classico snobismo di terza categoria.

La pellicola di questo action movie l’abbiamo girata proprio a casa di “Golia”, tale non solo per l’enorme qualità tecnica della squadra azzurra, ma a seguito di un’escalation di idiozie italiote volte a fomentare odio e recare danni solo ad una parte della singolar tenzone. Sarebbe bastata una parola misurata, un benevolo “veniamoci incontro”, e invece no. Doveva prevalere l’arroganza del più forte, l’esigenza imprescindibile di dover festeggiare “in faccia” al cugino povero, lo straccione di turno, il “cafone” provinciale. Peccato. Poteva essere festa per tutti: per il popolo napoletano (quello appassionato, corretto e solare) che poteva tranquillamente vivere una domenica di avvicinamento ad un traguardo da tutti – e sottolineo anche dai sassi del Vesuvio – considerato già superato da gennaio scorso, e per il popolo salernitano che aveva ed ha ancora in bilico la pratica della salvezza da conquistare.

Poteva essere festa di tutti, ma alla fine ha prevalso il volere di uno solo dei due contendenti: rimandiamo 3 partite, spostiamo eventi, organizziamo zone rosse fino al mattino successivo perchè abbiamo il “diritto” di festeggiare, ora e subito, il nostro scudetto. Che poi ne vada di mezzo il cammino salvezza della Salernitana, costretta a giocare mercoledì contro la Fiorentina con una giornata in meno di riposo, ad arrivare a Napoli con l’autobus in mattinata a poche ore dal match, senza poter fare sosta in albergo nemmeno per il pranzo, conta meno di niente.

Ma proprio mentre saltavano in aria i tappi dello spumante e stavano per essere accesi i fuochi pirotecnici è accaduto l’impossibile. C’è chi scongela il sangue una volta all’anno e chi lo congela, ma per sempre. Già perchè il gol dell’ex elettricista – così ha etichettato stamattina in modo a dir poco vergognoso la Gazzetta dello Sport il bomber granata Dia – ha “rotto” i festeggiamenti che stavano per partire. Ma state tranquilli tutti. Napoli e la sua gente festeggeranno legittimamente con comodità e nei tempi che riterranno opportuni (magari chiedendo altri rinvii o spostamenti di orari) il terzo scudetto della loro storia. La squadra azzurra lo ha strameritato sul campo. La società partenopea, le istituzioni e l’intero ambiente azzurro invece no. Hanno indossato i panni del Marchese Del Grillo, ma sono rimasti con il calice vuoto tra le mani. Nessun dramma, ovviamente. Anzi, qualcuno ieri ha anche elogiato l’attesa e che quasi sia stato un regalo il dia…bolico tiro alle spalle di Meret.

Ma allora se tutti hanno diritto di festeggiare, fatelo fare anche ai salernitani, che sono stati spettatori di una partita monumentale dei propri beniamini, andati a Napoli per giocarsi il match e provare a portare a casa punti salvezza, riuscendoci senza aver rubato nulla. E senza avere il conforto della propria gente, cui è stata negata la trasferta. Ma non fa nulla, la Salernitana e i salernitani guardano già avanti. Chi vuole rosicare ancora, lo faccia pure.

Rubo – in chiusura – una frase di Margaret Maron… “Ogni volta che iniziamo a pensare di essere il centro dell’universo, l’universo si gira e dice con un’aria leggermente distratta: “Mi dispiace. Può ripetermi di nuovo il suo nome?”

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