di Giuseppe Barbato

Ieri sull’Ultimo Uomo è stata pubblicata un’intervista a Davide Nicola, curata da Alfredo Giacobbe. Non è la prima volta che il mister si concede al microfono di Giacobbe, accadde già nel 2018 e ne avevamo parlato nello scorso febbraio in occasione della presentazione del tecnico di Luserna San Giovanni. Ciò che emerse allora, di interessante, erano i discorsi attorno ai principii di gioco, più importanti dei moduli, e delle statistiche avanzate, allora ancora di nicchia. Oggi questi due concetti sono centrali nel lavoro di chi allena, grazie all’ottimo lavoro di Antonio Gagliardi, match analyst della Nazionale maschile e formatore a Coverciano, e anche nel racconto giornalistico. Il ritratto che emerse di Nicola non fu quello dell’allenatore “dei miracoli” ma di un tecnico modernissimo, inserito nel dibattito del calcio e desideroso di mettersi in mostra dove gli dessero l’opportunità. Cosa che sta avvenendo alla Salernitana, grazie alla fiducia accordatagli a Giugno e al ruolo avuto nella costruzione dell’organico. Sono proprio questi i cuori dell’intervista, con un focus sull’attualità del campo ed è di questo che bisogna parlare.

Il primo punto importante riguarda l’inserimento dei calciatori, anche alla luce della principale critica che si può fare in questo momento a Nicola: aver utilizzato quasi sempre lo stesso undici, dando poco spazio alla panchina. Senza entrare nei massimi sistemi ragionando di cosa sia un turnover, in merito consiglio una lezione fatta da Rafa Benitez quando era allenatore del Napoli, e dando come attenuante gli infortuni di Bohinen, Lovato e Radovanovic si sono visti poco giocatori come Pirola, Sambia e Valencia, mentre ha avuto più spazio Bradaric con scarsi risultati. Almeno in apparenza. Una motivazione interessante ce la dà Nicola, parlando della costruzione della squadra:

Gli esterni, i quinti, li abbiamo cercati con proiezione esclusivamente offensiva. Mazzocchi aveva già fatto bene l’anno scorso. Candreva lo conoscevo da avversario, è stato una piacevole riscoperta, ha una qualità importante nella scelta delle giocate e nella partecipazione all’azione offensiva

Bradaric nei due tempi che ha disputato per intero, contro Bologna e Lecce, non si è segnalato per errori gravi o per situazioni in cui era avulso dal gioco. Ciò che gli è mancato è proprio questo: la pura proiezione offensiva, si è limitato al compitino che ha svolto in maniera egregia ed è stato accorto nel posizionamento in campo. Facendo il paragone con Mazzocchi tutto questo stona terribilmente e fa sembrare il croato inadeguato alla proposta granata. La bocciatura, di cui si è parlato, è esagerata per un giocatore che solo due anni fa vinceva la Ligue 1 e giocava con ottimo rendimento anche in Europa League: va solo aspettato. Così come fu per Bohinen a Marzo, sappiamo com’è andata.

Dov’è arrivata la squadra e dove può arrivare? Che la Salernitana sia in grado di svolgere un campionato di Serie A per restarci senza troppi patemi è indubbio, ciò che deve fare è saper gestire questa cosa sul lungo termine e avere un rendimento costante. Su questo può aiutarci proprio una frase detta da Nicola:

Se hai nelle corde i 10 netti sui 100 metri, con l’allenamento non ci metterai molto ad arrivarci. Ma quanto lavoro supplementare ci vuole per arrivare da 10 secondi a 9.90 Quindi dobbiamo credere in quello che stiamo facendo e progressivamente migliorarci. Siamo al secondo anno di Serie A consecutivo, e nonostante il club abbia una storia molto lunga, non ha una storia di Serie A. Tutto può essere ancora costruito, consolidato, migliorato. Dobbiamo avere pazienza

Qual è la differenza tra la Salernitana di Nicola fino a maggio e quella di queste prime sette giornate? In parte ne parla proprio il Mister a Giacobbe, soffermandosi in particolare su Djuric e sulla costruzione del gioco attorno al centravanti bosniaco. Un altro supporto può venire dalle statistiche. La prima differenza colossale è il dato sul possesso palla: la Salernitana, sia qualitativamente sia quantitativamente, aveva i dati peggiori del campionato e quest’anno ha registrato i migliori progressi. Sulla quantità è in linea con le sue avversarie, sta in media, mentre sulla qualità registra buoni dati: per esempio il field tilt è uno dei migliori del campionato.

La proiezione offensiva dev’essere tale anche in fase di non possesso e lo dimostra il PPDA, cioè un dato che misura l’indice di pressing: il dato è di 12,5, in media rispetto alle altre. Con Castori e Colantuono si sono registrate anche gare con 30 di PPDA (più è alto, minore è il pressing effettuato). Deve migliorare qualcosa sulla qualità del pressing, misurabile per esempio tramite il BDP (Buildup Disruption Percentage). La Salernitana dello scorso anno aveva un indice negativo, segno di una pressione portata proprio male. Quest’anno il dato si avvicina allo zero, considerata la quantità servirà ancora un passo in più. A partire dagli attaccanti, la cui pressione è basilare per non dare sbocchi al gioco avversario e ciò ci riporta al turnover e all’alternanza tra gli uomini di prima linea. Anche su questo tema il mister si sofferma, nel corso dell’intervista, rispondendo a una domanda sulle cinque sostituzioni.

Questi gli indicatori generali. E poi ci sono le singole partite, a cominciare dalla coppia Juventus-Lecce che sembra sintomatica del discorso fatto dal mister: la Salernitana è in grado di fare i 10 netti ma non ancora di fare i 9.90. Da cosa dipende? Da un calo di tensione? Da un atteggiamento presuntuoso della squadra? Nient’affatto. Una parte della risposta ce la dà proprio Nicola:

Io nelle conferenze stampa parlo delle caratteristiche degli avversari che incontreremo, che è importante conoscere perché noi dobbiamo sapere dove sviluppare il nostro gioco, dove colpire. Allo stesso tempo, avendo l’umiltà di capire che siamo in Serie A e ogni avversario è qualitativo, anche loro avranno una strategia di gioco che noi dobbiamo conoscere per limitare. Il Lecce è una squadra costruita con un criterio, che ti può mettere in difficoltà. “Stavamo per vincere a Torino, vuoi che non vinciamo contro il Lecce?”, questi sono i luoghi comuni del calcio che si spostano tra due piatti di una bilancia. E tu allenatore sei la leva nel mezzo. E non alleni solo in campo, lo devi fare anche fuori. 

Sono due gli aspetti che hanno fatto la differenza, correttamente sottolineati dal mister: la lentezza nella costruzione granata e la capacità del Lecce di chiudere tutti i varchi. I salentini hanno difeso benissimo, stando in 25 metri, e non concedendo spazi sia tra le linee sia tra i giocatori di reparto, quelli che in gergo si chiamano half-spaces (mezzi spazi). Non è un caso che la Salernitana ha costruito le giocate migliori proprio quando Maggiore ha trovato quegli inserimenti. Si parla molto del fatto che l’ex spezzino non è un regista. In realtà proprio venerdì scorso è stato un regista ma in maniera diversa, creando l’azione ricevendo il passaggio e non dandolo. L’abbassamento di uno tra Lassana e Vilhena e il raddoppio sugli esterni creava un’incertezza nelle mezzali del Lecce che lasciavano uno spazio in avanti. Qui Maggiore lo occupava e subito veniva servito: si aveva così il famoso “terzo uomo” e il recupero di un tempo di gioco per lo sviluppo offensivo. L’esempio migliore è l’azione che ha portato alla girata di Piątek.

Qui sorge un ultimo tema, quello più annoso per i tifosi: la Salernitana non è in grado di gestire le partite? Nicola dà una sua versione:

Anche quando può sembrare facile – perché ti accorgi che il tuo gioco è fluido, che gli avversari che fanno fatica a leggerti, e tu prendi vigore, puoi permetterti il lusso di non prestare troppa attenzione agli altri, ma concentrarti solo su te stesso – le cose possono sempre andare diversamente da quanto desideri. Un punto è un punto. Per il nostro obiettivo, per la nostra classifica, soprattutto perché ne togli due a loro. Essere umili non significa accontentarsi, ma riconoscere che ciò che stai guadagnando dalla produzione del tuo massimo, in quel momento ti porta a migliorare anche se non è tutto quello che ti aspettavi

In base a queste parole ciò che manca ancora è comprendere bene i momenti dell’incontro. Ciò non significa chiudersi a riccio o buttare la palla in tribuna. Significa mettere in conto che nel calcio ci sono gli avversari e non sempre, per quanto sei sul pezzo, la partita va come vuoi tu e devi imparare a ricavare il meglio sempre da quello che c’è. Per certi versi la differenza tra il match dello Stadium e quello con i giallo-rossi è proprio questo: la Salernitana di Torino l’aveva capito, la Salernitana di cinque giorni dopo no. E così come lo deve capire la squadra dovremo capirlo anche noi, tifoseria e media. Solo così la Salernitana potrà crescere davvero e raggiungere insieme quel 9.90.

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