La partita del Castellani è il refrain di un film già visto nelle settimane precedenti: le stesse incapacità col pallone e senza, l’enorme confusione di posizioni e scelte. Ieri sono state rese più evidenti dalla sproporzione tra l’Empoli delle prime cinque giornate e quello di ieri sera. Da una squadra inesistente a una irresistibile: nel mezzo il caos della Salernitana. Le premesse le abbiamo raccontate nelle analisi precedenti, partite sottovalutate nel nome dei legni colpiti da Cabral e degli errori arbitrali. Oggi si è raggiunto davvero un punto più basso e non superabile? La risposta è no, per entrambe. Non è un punto più basso perché le prestazioni sono quelle, da tempo. Purtroppo è superabile perché si può perseverare ancora a lungo.
Paulo Sousa anche ieri ha parlato poco del campo però ha ripetuto un concetto interessante, cioè quello di voler costruire sui corridoi esterni. Cosa intende? L’Empoli non è una squadra che gioca tanto in ampiezza: preferisce intasare i corridoi centrali per poi distendersi, quando ha il pallone, e non dare possessi oltre la linea di pressione, quando non ha il pallone. E l’ha fatto anche ieri, con Fazzini e Cancellieri a garantire raddoppi ed evitare isolamenti ai terzini. La Salernitana cosa cercava di fare? Creare una superiorità sull’esterno attirando gli avversari, col possesso o con un movimento della sottopunta, per poi avere l’esterno che gioca alle spalle. È vero che qualche volta questa situazione è riuscita nella ripresa (nel primo tempo solo due volte con Bradaric) però poi è mancato tutto il resto.
Perché manca tutto il resto? La Salernitana studia ed esegue la singola situazione preparata sui difetti dell’avversario, la esegue però poi non sa cosa fare. Cabral è nono tra tutti i giocatori dei campionati top 5 in Europa per dribbling, 5,57 a partita. Dopo che salta l’uomo che succede? Niente. Così come quando riesci nella singola codifica. Ieri magari prendevi lo spazio alle spalle del terzino però nessuno accompagnava l’azione, occupava l’area, creava un’opzione sull’interno. Se poi l’avversario non ti concede quella soluzione la Salernitana si perdeva via e lasciava enormi buchi sulla palla scoperta. Anche a difesa schierata bastavano due scambi all’avversario per smontare il giocattolo. Sintomo di un’enorme vuoto tattico e questo è a prescindere da moduli e calciatori.
L’ingresso di Dia non ha cambiato le cose perché non sapeva cosa fare, quali interazioni creare con i compagni. Lo stesso problema che affligge anche Cabral che nelle ultime due gare ha ridotto sensibilmente gli atteggiamenti egoisti. A Empoli il gioco è passato tantissimo da Mazzocchi e Bradaric, perché si voleva attaccare i canali esterni, e da Kastanos che ha toccato tanti palloni. Pur nel disastro è positiva la prestazione del cipriota, i numeri mostrano buone cose anche in difesa (tutti i tackle vinti, la maggior parte dei contrasti e otto recuperi). Con questa difficoltà e con un solo giocatore che assecondava il passing play di Paulo Sousa, Martegani, perché sostituirlo? È una domanda che valeva già l’anno scorso: perché non provare il doppio play? Puntare su giocatori che sanno orientarsi, gestire il pressing, manipolare l’avversario e smistare palla per poi costruire più avanti dovrebbe essere la priorità.
La Salernitana è una squadra dove tutti si aspettano la palla ma nessuno fa quel lavoro che ti porta ad averla. Uno dei due che cercava di farlo è stato sostituito per scelta tecnica, con risultati peggiori perché hai fatto ancora più fatica. Perché poi alla prima palla persa sei tutti sopra la linea del pallone e con una difesa che non sa accorciare, quindi inevitabilmente concedi contropiedi colossali. Arrivati a questo punto è evidente che il problema è anche mentale, la squadra non ha più riferimenti. Questa crisi nasce dal fatto che i giocatori in campo non sanno cosa fare. Qui la palla passa inevitabilmente al tecnico. Paulo Sousa deve avere più fiducia nei giocatori, costruire loro quella confidenza anche facendo scelte forti. Non è questione di moduli perché qui manca tutto il resto che sostiene il cosiddetto modulo. È questione di capire cosa può sostenere in questo momento perché i problemi e le soluzioni sono sempre sul campo.