Di Giuseppe Barbato

Poco smalto sui campi, a meno che non ti chiami Napoli. Il sesto turno di Serie A non è stato brillante sul piano del gioco e delle prestazioni offerte, pesano i tre turni nel giro di una settimana, ma fa eccezione la squadra di Spalletti che archivia la pratica Cagliari con il solito Osimhen e il rigore di Insigne. Tutto facile per la capolista, ancora a punteggio pieno e senza troppi affanni. La trasferta di domenica prossima a Firenze potrà dire qualcosa in più su questo Napoli, anche alla luce del quarto posto occupato dalla squadra di Italiano. Vlahovic decide dal dischetto contro la solita Udinese: organizzata, ben disposta in campo e poco efficace negli ultimi 16 metri. Friulani che escono malissimo dal trittico, non semplice, contro Napoli, Roma e Fiorentina: tre sconfitte consecutive. Chi invece appare in ripresa è l’Empoli che conquista la seconda vittoria consecutiva e rompe il tabù del Castellani: il 4-2 al Bologna è netto e mostra l’abilità degli azzurri di capitalizzare tutto ciò che costruisce, approfittando degli errori dei rosso-blu che concedono un autogol dopo 55’’ e sbagliano un rigore con Arnautovic. Squadra in ritiro a Casteldebole, posizione di Mihajlovic sempre più a rischio e rescissione del rapporto con Walter Sabatini: acque agitate sotto le due Torri.

Le due partite di cartello sono state ricche di gol ed emozioni. Il derby capitolino premia una grande Lazio, perfetta nei primi 20 minuti e micidiale in contropiede, quando c’è bisogno di farlo. La Roma perde e dimostra due grosse pecche: l’incapacità di gestire le transizioni negative e l’assenza dei suoi uomini di punta, eccezion fatta per Zaniolo che si carica la squadra e dimostra di essere tornato su ottimi livelli. A San Siro l’Inter mette alle corde l’Atalanta, produce il doppio delle occasioni, ma non va oltre il 2-2: a pesare non è l’errore dal dischetto di Dimarco, l’unico a essersi assunto la responsabilità, ma la pessima prestazione di Samir Handanovic. Il portiere sloveno è un problema: subisce più di quanto dovrebbe e anche al piede non è affidabile come in passato.

Juve e Milan continuano a vincere soffrendo, con una differenza sostanziale: i bianconeri, contro la Samp, si complicano la partita da soli concedendo due volte ai doriani l’occasione di tornare in partita. Candreva è sugli scudi, con un gol e un assist, ma non basta per pareggiare. La Juve celebra il primo gol di Locatelli e un Dybala ancora protagonista: per risalire la classifica basta e avanza, per essere competitiva per il vertice serve un altro passo. Il Milan a la Spezia dimostra quella forza mentale che è il suo marchio di fabbrica: la sgroppata di Saelemaekers che porta al gol Brahim Diaz è l’immagine dell’atteggiamento rossonero. I titoli sono per il gol di Daniel Maldini, che continua la dinastia, e per lo Spezia che continua a raccogliere meno di quanto semina.

Chiudono il turno i due pareggi in Genoa-Verona e Venezia-Torino che muovono la classifica. A Marassi succede di tutto: il Verona prende in mano la partita e fino a 15’ dal termine vince 2-0, poi si scatena il Genoa e ribalta il match in dieci minuti con la doppietta di Destro e il solito Criscito su rigore. Finita qui? Non ditelo a Kalinic che ci ha preso gusto e segna il terzo gol in tre giorni. Al Penzo il Torino gestisce palla, passa in vantaggio con Brekalo ma si spegne nel corso della ripresa. Il Venezia ha buone trame, tenta il colpo ma manca sempre qualcosa per il pari che arriva su rigore, procurato dopo una grande azione. Ma non è finita qui perché gli ultimi trenta secondi del match sono da brividi. Punizione vicino al vertice dell’area di Kiyine che Milinkovic-Savic para a fatica, il Torino riparte in contropiede con Mandragora che si invola nonostante il tentativo di Ceccaroni di stenderlo ma poi tira addosso a Mäenpää. Finisce qua e va bene così.

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