di Giuseppe Barbato
Ieri la Salernitana ha svolto l’ultimo test amichevole del proprio ritiro, pareggiando 1-1 contro il Galatasaray. Un test importante nel quale si è potuto ammirare i primi frutti del ritiro e lo stato dell’arte della nuova Salernitana firmata Davide Nicola. Sebbene sia calcio di luglio si è intravisto qualcosa di molto interessante, nel bene e nel male, e l’acquolina della tifoseria è cresciuta dopo il triplice fischio. Merito del gol strepitoso di Botheim e di tante altre buone giocate.
Quando abbiamo il pallone tra i piedi: possesso insistito e transizioni
Tante volte è sorto il dubbio “senza Djuric come giocheremo? Come faremo ad avere il pallone?”. La risposta è chiara: giocando in maniera contraria. Quindi tanto palla a terra, tanto possesso, soprattutto da dietro e tante soluzioni tattiche a partire da alcuni schemi consolidati: circolazione della palla con i difensori più il portiere, diversi modi di arrivare ai centrocampisti (di solito a Bohinen), movimenti e contro-movimenti degli attaccanti che innescano schemi e inserimenti continui da parte dei giocatori.
Detta così ovviamente è molto facile, anche perché ci sono gli avversari. Quel che si è visto è che la squadra sa lavorare con diversi modi di costruire il possesso: partendo dalla difesa a tre oppure traslando in una difesa a 4. Contro i turchi si è giocato quasi sempre con l’assetto a tre, dato che gli avversari mettevano due uomini in fase di pressione per garantirsi la superiorità numerica. Poi bisogna capire chi sarà il primo ricevitore del pallone: di solito è stato Bohinen, confermando quindi le dichiarazioni di qualche giorno fa del norvegese che ha detto di voler essere più “baller”. Nell’incontro di ieri, oltre al classico abbassamento, è stato interessante vedere delle situazioni di 3+2, quindi con un altro centrocampista più vicino e il terzo in posizione più avanzata. Ciò può aprire ben due varianti posizionali: il 3-4-1-2, quindi con un uomo tra le linee che può agire sia come rifinitore sia come segugio della zona centrale di centrocampo avversaria, oppure 3-4-3 con il centrocampista che può alzarsi per esercitare il pressing.
In attacco Botheim e Valencia hanno mostrato giocate importanti che sono solo la parte più appariscente del lavoro. Entrambi sono stati molto bravi ad alternarsi nei movimenti, dando sempre imprevedibilità alla manovra: quando uno veniva incontro l’altro si muoveva negli spazi liberi, accanto oppure avanti, ed era sempre pronto a dare palla a un compagno. Abili nel dribbling e nella gestione della palla. Questo lavoro sarà decisivo perché a partire dai loro movimenti i compagni avranno una serie di schemi e soluzioni che potranno attuare, a seconda del posizionamento e dell’adeguamento difensivo: la Salernitana del futuro dovrà essere imprevedibile e sempre pronta a ricavare il massimo da ogni azione. Sia se frutto della costruzione da dietro sia se frutto di una transizione, parola chiave del calcio di Nicola. Gli attaccanti sono i primi difensori, aggrediscono alto e se il recupero alto riescono devono subito lanciarsi verso l’area e dare uno sbocco all’attacco. Mettiamo caso che gli avversari sono bravi e ti danno poche soluzioni? Non c’è problema. Valencia rende parecchi centimetri a Djuric ma di testa le prende tutte, sfruttando elevazione e anticipo: il risultato è un solo duello aereo perso. E anche Botheim, quando la palla è in aria, sa il fatto suo.
Aggressione e riaggressione della palla: efficacia e criticità
La fase di non possesso è altrettanto importante e quel desiderio di imporsi, di dominio del gioco, dev’essere altrettanto presente: ciò si determina con due parole magiche, cioè aggressione (il caro e vecchio pressing) e riaggressione. Il pressing viene portato subito, fin dalla prima fase di possesso degli avversari: già gli attaccanti lavorano per non dare uno sbocco veloce alla manovra altrui. Centrocampisti e difensori devono accompagnare, in maniera tale che la Salernitana resta corta e compatta. Così da non lasciare spazi né tra i reparti né in orizzontale, nei cosiddetti mezzi spazi. In questo modo, quasi inevitabilmente, ci si sottopone a dei rischi ma se fatto bene il recupero palla avviene nella metà campo avversaria, così da avere subito un’altra azione offensiva e generare così la pronta ripartenza. Qui è importante che, appena recuperata palla, diversi uomini si lancino subito in avanti in maniera tale da avere tante opzioni di passaggio e tiro.
Qui la pressione. E la riaggressione? Parliamo di cosa succede quando la Salernitana perde palla, a prescindere dalla zona di campo. La riaggressione si verifica quando la squadra che ha perso la sfera attua immediatamente una fase di pressing per recuperarla: lo si fa con tanti uomini attorno al possessore di palla, così da non dargli respiro e spingerlo all’errore. Ovviamente è più critica rispetto al classico ripiegamento difensivo, tuttavia quando funziona può dare ottimi dividendi. Gli avversari non hanno il tempo di posizionarsi correttamente né di occupare gli spazi liberi che possono essere attaccati con facilità. Si tratta di un gioco molto dispendioso, non sempre sarà possibile attuarlo ma il fatto che la Salernitana si stia dando anche questo principio di gioco è importantissimo. È un segno della nuova mentalità granata, fatto di rischi e personalità.
Possesso da dietro, baricentro alto e pressing costante sono alcuni dei cardini della Salernitana che verrà. La difesa granata sarà chiamata a sollecitazioni importanti e gli eventuali errori dei difensori saranno più evidenti perché potranno generare delle situazioni pericolose. Ieri più volte i turchi sono arrivati alla conclusione con relativa facilità, per fortuna senza impensierire Sepe. Segno che i meccanismi del reparto non sono rodati, in entrambe le fasi. Dalla parte dei difensori granata ci sono due attenuanti: la prima è ovviamente temporale, siamo a Luglio e c’è tutto il tempo per migliorare; la seconda è data dagli infortuni che hanno impedito ai terzetti difensivi di consolidarsi. Tuttavia è importante tenere l’attenzione a queste situazioni perché in campionato alcuni errori potrebbero costare molto cari.
Chi c’è dietro i titolari? Qualche dubbio di affidabilità
Le assenze, gli infortuni e il completamento della rosa favoriscono le seconde linee che hanno occasioni per giocare e conquistare un posto in prima squadra. Alcuni continuano a dare segnali di affidabilità, come Motoc; altri ancora sono stazionari e mantengono intatte le loro chance, come Kristoffersen. Infine ci sono alcuni giocatori che si ritrovano titolari o quasi e provano ad approfittarne: parliamo di Kechrida, Jaroszynski e Mantovani. Tutti e tre giocano in zone di campo dove gli assenti o gli acciaccati sono numerosi (braccetto destro e quinti). Ma come se la sono cavata? Il polacco e il difensore scuola Torino non granché bene, fin dal primo pallone giocato dove hanno messo in mostra le esitazioni a gestire il pallone e andando in difficoltà davanti al pressing avversario. Ciò può rappresentare un grosso problema per una rosa che invece farà del controllo della sfera uno dei cardini del proprio gioco.
Il tunisino invece ha mostrato pregi e difetti che già conoscevamo: in fase di possesso è sempre presente, con la sua falcata e la capacità di passaggio che non sono affatto banali. Inoltre, in una squadra a maggior vocazione offensiva, avrebbe più chance di mettere in mostra le proprie doti. Tuttavia esiste anche la fase di non possesso e in questo deve migliorare decisamente: sia dal punto di vista del modo di pressare, quindi nel saper trovare i tempi giusti, e poi nel ripiegare velocemente in difesa, quando necessario. In questo fondamentale è ancora un po’ pigro e la Salernitana non può permetterselo. Gli scompensi che ne verrebbero fuori sarebbero difficili da gestire.