di Ciro Romano

La bagatella del posticipo di Napoli-Salernitana offende la dignità di entrambe le città.

I Napoletani, implicitamente considerati dei subumani incapaci di autogestire l’euforia: Napoli ospita milioni di turisti ogni anno, è meta mondiale e crocevia di popoli e culture. Le motivazioni addotte a sostegno del posticipo dovrebbero indignare.

Il Popolo Salernitano, concesso in dono dagli dei del calcio alla Serie A: per la luce che emanano ovunque giochi la Salernitana, i suoi tifosi andrebbero trattati con la delicatezza che meritano le gemme preziose.

Se il divieto di trasferta è certificato di ignavia di chi gestisce l’ordine pubblico, la tarantella -mo ci vuole- dell’apertura solo ai tesserati di fuori Salerno è uno schiaffo alla decenza ed al buon gusto. Avevano già toccato il fondo, hanno preso a scavare.

È triste che, davanti a tante e tali schifezze, i popoli si becchino come i capponi di Renzo: da una parte ci si sente migliori per diritto di nascita e si prepara il putipù, dall’altra ci si preoccupa di ventiquattro ore di riposo, quando l’anno passato ci siamo salvati giocando ogni tre giorni per un mese.

E mentre qui sotto ci si divide per le fesserie, ai piani alti continuano a stuprare la nostra passione.

Fosse capitato a me, avrei voluto la possibilità di festeggiare nel mio stadio, al triplice fischio, al termine di una partita tirata e leale. Fosse capitato a me, avrei chiesto la cortesia di spostarla alla domenica. Fosse dipeso da me, la cortesia l’avrei fatta a chiunque. Chè le lacrime di gioia per la squadra di calcio della tua terra sono le stesse mie: non hanno colore, non ce l’avranno mai.

Così però è una porcata che tracima nell’abuso: la più squallida delle scuse (ordine pubblico) ed il più bieco degli stratagemmi (apertura farlocca del settore ospiti) per lo sfizio dei porci comodi vostri: non meritate il rispetto di nessuno.

Ché il nemico non è il tifoso avversario, ma chi ci sputa in testa e ci dice che piove.

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