di Giuseppe Barbato
Domenica 26 Settembre 1982, seconda giornata del campionato di C1. Al Vestuti è di scena il Casarano. Mancano pochi minuti all’inizio dell’incontro, quando all’angolo tra la gradinata bassa e la Curva Nuova compare uno striscione rosso che non si era mai visto prima. Al centro campeggiava una stella a cinque punte, sovrastata da una folgore. La stella non era un riferimento politico ma rappresentava i cinque gruppi che avevano deciso di mettersi insieme; il nome scelto simboleggiava la nuova unità nel nome della maglia granata: quel giorno nacquero i Granata South Force.
Sembra un giorno qualunque; una vittoria qualunque in un campionato che partì con ottimi presupposti e finì in maniera anonima, come tanti altri in quel decennio. Eppure quella domenica segna un momento decisivo nella storia del tifo granata. Nel giro di pochi anni la GSF diventa il gruppo di riferimento della Curva Sud: con la forza delle idee, mutuando da gruppi come il Commando Ultrà romanista, e dei numeri, uscendo dalla logica del “gruppo di quartiere”. La prima sede, situata in Via Indipendenza, nel cuore del centro storico, diventa il luogo formativo di un’intera generazione di tifosi; anche in chi poi se ne andrà per formare altre esperienze.
L’esperienza della GSF da molti anni è conclusa, quello che resta è un’eredita di esperienze e modalità che hanno fatto la storia del tifo organizzato italiano. Basti pensare solo a quello striscione “Salerno”, comparso per la prima volta a Vicenza nel 1994 in un periodo storico in cui nessuno usava identificarsi col nome della città. Oggi lo fanno tutti. Oppure le coreografie che proprio negli anni di “egemonia” dei Granata South Force diventano sempre più originali e sofisticate. Al punto da essere imitate ad anni di distanza, come fecero i milanisti in occasione di un derby di qualche anno fa.
Vivere ultrà per amare Salerno. Un motto, una frase, una bandiera che ancora oggi sventola e non perde di attualità. Tanti auguri vecchio lupo di mare, Braccio di Ferro spegne la candelina e non smette di essere memoria.