Il rituale si ripete. La danza dei pensieri e dei ricordi impazza nei cuori e nelle teste degli ultras della Salernitana, mossi dal fuoco di una memoria che non potrà mai essere spenta. L’alba del 24 maggio non è come tutte le altre. Il sole illumina come di solito i tetti delle case e le onde del mare, ma in un angolo resta il buio profondo. Profondo come la notte, come quel tunnel da cui un treno uscì in fiamme, portandosi via per sempre 4 vite. Anche nel 2020, anno che resterà agli onori delle cronache come quello della pandemia mondiale, Salerno china muta il proprio capo davanti alle vittime del rogo sul treno che il 24 maggio 1999 riportava a casa 1500 tifosi granata dopo il pareggio di Piacenza che aveva decretato la retrocessione in B della squadra di Oddo e Aliberti. Da quel giorno nulla più è stato come prima. Uno spartiacque, un limite invalicabile oltre il quale ci si perde nelle lacrime per chi non è più accanto a noi. Il lutto però si elabora pienamente quando la parola verità è scritta accanto al classico “the end”. Stavolta no, la verità completa di quella tragedia non è ancora stata resa nota. Almeno all’opinione pubblica, almeno sui banchi dei tribunale che hanno sentenziato solo nei confronti degli autori materiali del rogo. E quelli morali? E i mandanti di quella tragedia? Quelli che comodamente dal capoluogo emiliano e poi via lungo lo stivale si sono semplicemente limitati a riempire come un convoglio bestiame 15 vagoni stipando 1500 persone, che fine hanno fatto? Dove sono? Sono ancora a piede libero, senza vergogna! Noi a Salerno siamo come gli elefanti: non dimentichiamo nulla. Ciro, Peppe, Simone, Enzo con noi!

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