Metti un po’ di musica leggera, anzi leggerissima… Ecco cosa ci vorrebbe. Provare a distrarsi e a non ritornare sui gradoni dell’Arechi. Sono le 17.40 mentre queste parole scorrono veloci sulla tastiera. Eppure l’ansia della vigilia portava con sè un moderato ottimismo. Ci si credeva che la gara con l’Empoli potesse rappresentare quella finale da vincere per continuare a sognare di restare in serie A. E in curva – oggi – di volti segnati da buone sensazioni ve n’erano a pioggia. Ma il sogno è presto diventato incubo, anticipando di 7 giorni la notte di Halloween. Un incubo consumato in meno di 15 minuti, quanti ne sono bastati ai toscani – non certo campioni sul campo ed in fair-play – per metterne tre dentro e chiudere di fatto la partita. Ma si sa, i salernitani sono nati per soffrire. E quella curva lo ha fatto per davvero, tenendo alta la voce fino a diventare tumulto sul calcio di rigore per l’Empoli. Sembrava di assistere alla standing ovation per una quelle vittorie epocali, mentre di epocale c’era solo il record negativo di subire 4 gol nei primi 45 di gioco.

Le colpe sono tante e di tanti. In primis di quelli scesi in campo e chiaramente non idonei a disputare un torneo di massima serie, nonostante l’impegno e la maglia sudata. Ma proprio non ci siamo. E quando si è costretti a giocare con riserve che non sono all’altezza e con tanti titolari fuori a vario titolo, la frittata non si può non servire calda. Le colpe sono di Stefano Colantuono che nonostante il suo pedigree tecnico, ha preso una di quelle imbarcate clamorose, non accorgendosi di aver schierato una squadra squilibrata ed esposta alle intemperie toscane. Già perchè contro la porta di Belec erano tuoni e fulmini. Le colpe – ce lo consentirete – sono da addebitare a chi in questo momento “formalmente” detiene le redini di questa società ed anche di chi – da lontano – ne dirige il corso. Fare comunicati a dir poco ineleganti per licenziare Castori, additare questo e quel calciatore senza nemmeno avere delle conoscenze approfondite del mondo del calcio diciamo che è un azzardo. Ma quì si scherza col fuoco e con i sentimenti della gente di Salerno e ciò non è consentito. In altri tempi, si sarebbe assistito a diverse forme di “protesta” molto più “pragmatiche” dei semplici cori che tutti hanno sentito durante i primi 45 di gioco. E le colpe sono ancora di coloro i quali – a vario titolo – continuano a difendere a spada tratta la gestione della campagna acquisti, della comunicazione, delle trattative per la cessione societaria da parte di questo strano soggetto giuridico che è il trust.

In tutto questo limbo notturno di sentimenti, dove anche Dante farebbe fatica a “riveder le stelle”, la luce in campo viene dai piedi, dal cuore e del cervello di capitan Ribèry, cui Di Tacchio ha ceduto la fascia ad inizio gara. Le Roi ha incantato l’Arechi con la sua classe cristallina, il suo impegno, la sua rabbia agonistica. Suoi gli assist dei gol, sue le giocate capaci di creare problemi all’avversario, sue le “cazziate” ai compagni di gioco troppo spesso in affanno immotivato. Insomma un leader come da anni non si vedevano a Salerno. Uno da Fantacalcio venuto a Salerno per soffrire. Siamo con te Frank, aiutaci ad uscire dall’incubo!

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