Partiamo da un concetto semplice: quando contestare qualcosa o qualcuno non nasce improvvisamente ma ha radici ben salde, forse sarebbe il caso di sedersi tutti insieme per riflettere. Dando per scontato questo principio che vale nel calcio come in qualsiasi altro frangente della vita, la contestazione a Claudio Lotito – proprietario della Salernitana – che in queste ore sta montando, con i quartieri della zona orientale di Salerno già tappezzati con migliaia di manifesti contrari a questa società, ha una origine lontana nel tempo che forse oggi sfugge a qualcuno. Era l’estate del 2011, i tifosi della Salernitana avevano dovuto ingoiare il rospo amaro della mancata iscrizione della squadra in Lega Pro e del conseguenze fallimento della società che allora faceva capo al costruttore Antonio Lombardi. Il Comune di Salerno – allora sindaco Vincenzo De Luca – bandì una manifestazione pubblica di interesse per rilevare la Salernitana e si fecero avanti alcuni imprenditori, tra cui il duo Lotito-Mezzaroma. Alla fine, la spuntò il patron della Lazio. Dovendo iniziare dal campionato di serie D, fu scelto di iscrivere una società dal nome “Salerno Calcio”, senza simboli e colori sociali della Salernitana. Ed infatti, volendo leggere la storia scevra da condizionamenti emozionali, in quel torneo 2011-12, la Salernitana non ha disputato alcun torneo professionistico o dilettante che sia, restando ferma ai box. Intanto Lotito gestiva il Salerno Calcio, esortando il popolo granata ad identificarsi in esso. Molti accettarono, altrettanti non lo fecero. Erano i cosiddetti “inceppati” – definiti così da qualcuno – che decisero di disertare l’Arechi perchè in campo non scendeva la Salernitana, ma un oggetto sconosciuto. Lo fecero affiggendo migliaia di manifesti in città, con una scritta molto semplice ed al tempo stesso emblematica: “Quando si cancella il passato, il futuro non è più lo stesso”. Ecco possiamo dire che la contestazione a Lotito è iniziata nel 2011 e non oggi, anno 2020. Ad onor del vero!
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