Sarà perchè a Salerno la figura del direttore sportivo è sempre stata la più bersagliata, sarà perchè non c’è mai la pazienza di aspettare prima di emettere giudizi definitivi, sarà perchè c’era il costante paragone con il suo predecessore, ma Morgan De Sanctis non ha probabilmente raccolto tra i tifosi il consenso che meriterebbe. Certo, le sue scelte talvolta sono state coraggiose, per non dire impopolari. Non riconfermare alcuni degli artefici della salvezza, gente che da tempo era nel cuore del pubblico, non gli ha fatto guadagnare punti agli occhi dell’opinione pubblica, ma sin dalla prima conferenza disse con chiarezza che avrebbe voluto iniziare un ciclo totalmente nuovo che prescindesse dalla riconoscenza “nei confronti di un gruppo che ringrazio, che ha scritto la storia, ma che ha fatto 31 punti in 38 giornate salvandosi dopo uno 0-4 in casa”. Oggi la Salernitana ha un portiere di caratura internazionale invidiato dai top club europei, a giugno sarà proprietaria del cartellino di Boulaye Dia (trattativa condotta magistralmente), si gode un Candreva decisivo ma anche la crescita di quei giocatori che sembravano non all’altezza ma che stanno dando soddisfazioni. Pirola sembra la bella copia del calciatore impacciato visto nel girone d’andata, Daniliuc è un profilo interessante, Bradaric una certezza sulla sinistra, Sambia ben più dell’alternativa a Mazzocchi,senza dimenticare l’intuizione Nicolussi Caviglia, l’investimento su Maggiore (da tutti indicato, nel ruolo, come uno dei migliori degli ultimi due campionati di A), l’arrivo di Piatek e quel Vilhena che certo non è l’ultimo arrivato. Punti interrogativi soltanto su Botheim e Valencia, presi dalla società prima dell’avvento del ds ma comunque già nel giro delle rispettive nazionali.
Se poi aggiungiamo la capacità di piazzare altrove 23 elementi in esubero da tempo si può dire che il lavoro di De Sanctis meriti un voto molto alto, ancor di più perchè fu il primo a far suonare il campanello d’allarme rispetto alle difficoltà della gestione Nicola. E la scelta di Paulo Sousa è sua, un allenatore che parla tante lingue, di caratura internazionale, che al campo vuole solo gente…di campo. Senza distrazioni, senza intromissioni, senza galli nel pollaio che creano solo confusione e che stavano trasformando un gruppo finalmente granitico in tante individualità che andavano per conto loro. Sousa lo ha elogiato pubblicamente, la proprietà lo ha riconfermato anche per la prossima stagione, Iervolino ha ammesso che “dovrei difenderlo di più, riceve attacchi che non merita perchè è un grande professionista”. Se oggi la Salernitana ha decuplicato il suo valore, si accomoda al tavolo delle trattative con club di una certa caratura, ha otto punti di vantaggio sulla zona retrocessione, 12 convocati in nazionale e ha una base per il futuro lo deve anche al suo massimo dirigente. Iervolino, da neofita, qualche errore lo ha commesso ma ora ha capito che deve affidare la gestione del quotidiano a chi, pur alla prima esperienza sotto questa veste, è nel calcio da una vita. E gli ha permesso, cosa rara al giorno d’oggi, di non buttare soldi e di non farsi prendere per il proverbiale cravattino.