di Giuseppe Barbato

La pausa delle “sette sorelle”: così si può sintetizzare questo 26° turno, nel quale sono stati segnati 24 gol e dove la notizia è data dal fatto che tutte le prime 7 della graduatoria non hanno vinto. Un rallentamento vistoso che non avveniva dalla Serie A 2004-2005, quasi vent’anni fa. A questa situazione ha contribuito la Salernitana e sembrava il risultato più clamoroso ma la domenica e il lunedì hanno fatto vedere risultati più eclatanti. Prima però bisogna fare un passo indietro e raccontare gli scontri diretti della giornata: per esempio quello del Monday Night, dove il Bologna rimonta lo Spezia e ritrova i gol di Marko Arnautovic. L’austriaco, a lungo fermo per infortunio, torna a fare la differenza e dimostra quanto ha pesato la sua assenza. Gli spezzini, in momentaneo vantaggio grazie a Manaj, si sono spenti alla distanza invertendo la tendenza positiva delle ultime settimane contraddistinta da secondi tempi di grande qualità. Anche la Samp di Giampaolo ritrova gol importanti: quelli di Quagliarella. La sua doppietta decide il match contro l’Empoli che non vince dal 12 dicembre e rischia seriamente di finire risucchiata nella lotta salvezza. Venezia-Genoa era la partita più delicata del turno e il pari scontenta entrambe le squadre, mantenendole in zona retrocessione. Ad avere i peggiori rimpianti è il grifone che ha prodotto le occasioni migliori, soprattutto nella ripresa, senza finalizzarle: qui la vittoria manca da settembre e per quanto stia battendo una buona strada, quella impostata tatticamente da Blessin, servono i tre punti per invertire la tendenza.

Nella parte altissima della classifica i titoli negativi spettano tutti all’Inter che ha perso in casa contro il Sassuolo un match incredibile, nel quale i nerazzurri (a seconda dei siti) hanno prodotto un xG tra i 3.2 e i 3.6 senza segnare un gol: sintomo di enormi occasioni sprecate. Mentre i nero-verdi sono stati perfetti nel primo tempo, anche con la partecipazione della difesa interista e di Handanovic in occasione del primo gol. Non ne approfitta il Napoli che rallenta a Cagliari e si complica la vita, prima di tutto nell’atteggiamento: Spalletti a sorpresa schiera i suoi con la difesa a 3, adattandosi agli uomini di Mazzarri che hanno gioco facile a bloccare gli sbocchi offensivi e ripartire di slancio. Il gol di Pereiro è solo la manifestazione dei sintomi visti nel corso della gara. Serve Osimhen, subentrato a Petagna, per permettere al Napoli di tornare dalla Sardegna con un punto in tasca che la tiene in scia delle milanesi.

Nella corsa al quarto posto l’unica che guadagna qualcosa è la Fiorentina: batte l’Atalanta, giocando una gara perfetta, e guadagna terreno su tutte le altre. Il peso specifico di Vlahovic era e resta indubbio ma Italiano è riuscito a limitarlo benissimo, adattando Piątek al sistema di gioco e arricchendo di soluzioni il resto della squadra. Ennesima sconfitta contro i viola per Gasperini che continua ad appellarsi agli errori arbitrali, brutto segnale per un clima da fine ciclo per il tecnico di Grugliasco. Dovrebbe approfittarne la Juve ma non lo fa e si accontenta del punto preso nel derby, giocato splendidamente dagli uomini di Juric che ai punti avrebbero meritato la vittoria, chiudendosi in difesa nel finale di gara. Allegri persevera nella politica dei piccoli passi e ignora, un po’ per pretattica e un po’ per volontà, le indicazioni del campo. La sua Juve continua a essere una squadra con poche idee, nella quale ci si aspetta sempre che l’individualità faccia la differenza; per esempio Vlahovic che per la seconda volta in un mese subisce il dominio fisico di Bremer e non incide sul match. Rallentano pure le romane, in due maniere molto diverse. La Roma nei primi 45′ si fa dominare dal Verona che segna due splendidi gol, frutto di azioni corali, e ne spreca almeno altrettanti. Nel secondo tempo Mourinho, in un mix di necessità e disperazione, si affida alla Primavera e ottiene il pareggio grazie ai giovani Volpato (assistito da Francesco Totti) e Bove, entrambi al primo centro in Serie A. Di contro la Lazio, che nel posticipo domenicale di Udine pareggia 1-1, mostra di non averne panchina: infatti Sarri, nel corso dei 90°, compie solo due cambi di cui uno dettato da un infortunio (Jovane Cabral per Pedro al 22′ del primo tempo). L’altro, André Anderson per Basic, era l’unica opzione di una rosa senza alternative quando infortuni e squalifiche superano il livello di guardia. In casa friulana il punto è vissuto con relativa soddisfazione, un brodino caldo per una squadra che vuole recuperare la forma per allontanarsi dalla zona retrocessione.

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