di Giuseppe Barbato

Lo scorso 22 novembre si è giocata Polonia-Messico, prima partita del mondiale per la Tri. Al 57° c’è un rigore per la Polonia; dal dischetto va Robert Lewandowski: tutto il Messico si affida alle mani del portiere, come normale che sia. Lewandowski tira basso alla sinistra dell’arquero, così come si definisce nei paesi di lingua spagnola, che si distende e lo para. Le immagini dell’esultanza del popolo messicano sono virali nel giro di poche ore, in particolare due video balzano all’occhio. In entrambi protagonisti sono un gruppo di bambini: nel primo caso dentro un cinema, nel secondo nel portico di una scuola. Quei video non sono solo l’immagine del potere del calcio ma anche quanto significa per il popolo messicano affidarsi proprio a quel portiere.

La devozione di Guillermo Ochoa per la maglia della Tri è talmente celebre da diventare oggetto di meme in tutto il mondo. Ovviamente non si tratta della sua realtà di calciatore, non esiste la stanza dello spirito e del tempo nella quale si rinchiude per quattro anni per poi scongelarsi durante la rassegna iridata. Certamente Ochoa con la maglia del Messico ha mostrato il meglio, sfruttando anche la brevità delle competizioni come possono essere Mondiali, Coppa America (per esempio quella del 2007, che lo portò a classificarsi 30° al Pallone d’Oro) e Olimpiadi (terzo l’anno scorso a Tokyo, da fuori quota). Ochoa è una leggenda del calcio messicano, in buona compagnia di tanti altri; sia del presente come Andres Guardado, primatista di presenze, sia del passato come Jorge Campos, altro grande della porta.

E nei club? Qual è la sua carriera? Salerno sarà la sua quinta tappa europea, forse nemmeno l’ultima considerando che Ochoa vuole arrivare al 2026 e quindi al prossimo mondiale che si giocherà anche in Messico. Arriva dal Club America, che ieri ha comunicato ufficialmente che Ochoa non rinnoverà il contratto in scadenza a fine anno. La stessa squadra dove Ochoa è cresciuto e ha esordito nel lontano 2003, a soli 18 anni. Da quel momento ha avuto una lunga militanza, fino alla maturità sportiva del 25 anni. In mezzo una serie di trofei: campionati messicani, la CONCACAF Champions’ Cup (la versione nord-centro americana della Champions League) nel 2006 e l’affermazione in Nazionale, con la vittoria di due Gold Cup.

Fino a quel momento Ochoa è sconosciuto agli appassionati europei, i quali tra l’altro non l’hanno visto giocare al Mondiale (il suo esordio è a Brasile 2014). Nel 2011 arriva il primo salto in Europa, per la precisione in Corsica all’Ajaccio. È una squadra neo-promossa che punta a salvarsi e lo fa scegliendo Ochoa come portiere titolare. In Corsica resta tre anni, con due salvezze sofferte e una retrocessione finale: è una squadra che segna e vince poco, puntando più sulla continuità. Ochoa si fa notare nel secondo anno, nel quale tiene a galla una squadra partita con due punti di penalità e capace di segnare solo 39 reti. Subisce 50 gol, come il Montpellier campione l’anno prima.

Da lì parte verso la Spagna e sceglie l’Andalusia: tre anni anche lì, i primi due a Malaga e il terzo a Granada. Il mito di Ochoa eroe mondiale e inesistente nei club nasce qui: nel Malaga ancora in mano agli Al-Thani, ma in piena resaca a causa del disimpegno della proprietà, gioca pochissimo, chiuso dal camerunese Kameni. Al Granada porta i galloni da titolare ma la squadra è disastrata, anche qui a causa del disimpegno della proprietà (in questo caso la famiglia Pozzo) e Ochoa retrocede per la seconda volta in carriera.

Ochoa se ne va ma non vuole tornare in patria: sceglie lo Standard Liegi, vecchia gloria del calcio belga. Una scelta solo in apparenza contro-corrente ma sintomo della dedizione di Ochoa verso il gioco. Milita due anni e lascia un ottimo ricordo, riporta la squadra in Europa dopo qualche anno di assenza nonché una Coppa del Belgio vinta nel 2018. Il resto è storia recente: nell’estate 2019 torna all’America, il suo primo amore, e continua il grande rendimento con la Nazionale con un’altra Gold Cup vinta e il bronzo olimpico.

Di Memo Ochoa si potrebbero dire mille altre cose, nonché concentrarsi su altri dettagli di poco come le sei dita. Il portiere che arriva a Salerno porta con sé la necessità del club granata di trovare qualcuno dal curriculum affidabile e con quelle qualità, tecniche e carismatiche, per gestire una difesa. Sepe, lungo questo 2022, è stato uno dei leader della squadra e la sua presenza significa molto per i compagni: la prima cosa che dovrà fare Ochoa è questa. Garantire questo pilastro su cui la Salernitana ha costruito gli ultimissimi successi.

C’è un ultimo aspetto da considerare: l’impatto sull’immagine della Salernitana del tifoso messicano, celebre nel mondo per seguire con grande ardore i propri giocatori militanti all’estero. Si è visto per giocatori sconosciuti o dal curriculum relativo, non saranno da meno per una leggenda come Ochoa. Quindi aspettatevi un fandom di tifosi messicani scatenati e magari già esperti delle cose granata. Messicani-salernitani umorali

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