Oggi l’Italia bella, quella dei pensieri garbati e profondi, quella delle lezioni di giornalismo da sorseggiare al tavolino di un bar, quella dei ritratti dei grandi campioni dello sport, è più povera. Ha riposto la stilografica nel taschino ed ha chiuso la sua Olivetti nel fodero carta di zucchero. Gianni Mura ci ha lasciati ieri sera, nella sua Senigallia, per un improvviso attacco cardiaco. Lo ha fatto in modo garbato, così come ha vissuto. Senza quasi farsene accorgere, per non arrecare “fastidio”. E’ uscito di scena dalla porta di servizio, per non appesantire il lavoro straordinario ed eroico dei nostri medici nei nostri ospedali. Dal 1976 ad oggi Gianni Mura ha incantato gli italiani con il suo lavoro a Repubblica, non dimenticando ovviamente la gavetta fatta alla Gazzetta dello sport negli anni ’60. A lui dobbiamo un modo di raccontare lo sport unico, con un verbo chiamato dolcezza, con la riflessione dovuta a chi pesava parole e pensieri prima di scrivere un articolo. La forza del tempo che scorre lento, che non travolge l’identità dell’essere giornalista di razza e che rende merito al lavoro, minuzioso e sapiente. Di Gianni Mura ci mancherà tutto. Buon viaggio maestro!

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