Altro giro, altra corsa. La Salernitana di Davide Nicola perde con onore allo Stadium contro una “piccola” Juve – piccola per il gioco espresso – ma imbottita di talenti, e subito si scatena il tiro al bersaglio contro il “perdente” tecnico granata, contro il “perdente” direttore sportivo e contro il “perdente” istant team allestito in fretta e furia in 15 giorni a gennaio. Sono venuti allo scoperto (per fortuna, nda), dopo aver decantato la nuova era Iervolino-Sabatini nella primissima fase, volendo “riciclarsi” senza lasciar traccia o olezzi vari. Sono venuti allo scoperto le vedove dei romani e gli orfani della multiproprietà, ora più che mai ringalluzziti per aver visto giusto in anticipo su tutti ed aver avvertito la piazza salernitana dei tanti pericoli della nuova gestione. Per fortuna, ora, i tifosi granata hanno avuto la riprova – semmai ve ne fosse stato bisogno – di chi tifa per la Salernitana e la maglia granata ed invece chi continua a sognare (di notte e di giorno) gli ex romani e affini, autori di uno dei più grandi delitti etico-sportivi della storia del calcio italiano.
Addirittura in queste ore impazza il “era meglio Castori” e ancora “è tutta colpa degli arbitri” o ancora “nonostante trust e trustee avevamo lo squadrone”. La storia – ne siamo certi – col trascorrere degli anni, spazzerà via ogni residuo di incrostazione che ancora avvelena l’ambiente granata. Intanto però il clima resta avvelenato ed a pagarne le possibili conseguenze saranno gli stessi calciatori e l’allenatore, sottoposti allo stress di dover rincorrere una disperata impresa salvezza. Davvero è utile questo gioco al massacro? Continuare a spargere zizzania evocando i “bei tempi” della multiproprietà, delle speculazioni, dei trust e trustee, della radiazione evitata solo in corner nella notte di San Silvestro serve davvero a qualcosa?
La differenza tra chi tifa Salernitana e sta vicino alla squadra, al netto degli errori del direttore sportivo o dell’allenatore (evidentemente in città ci sono tanti dirigenti e tecnici – tutti disoccupati – capaci però di elargire consigli, nda) e chi invece persevera in questo modus operandi di “lazial memoria” è il futuro. Un futuro che non dipende dalla salvezza o dai risultati che si conquisteranno in questi ultimi due mesi di serie A, bensì dal progetto sportivo ed imprenditoriale che Danilo Iervolino ha inteso realizzare a Salerno. E’ tutta qui la differenza epocale che il 99% dei salernitani ha apprezzato nel cambio di gestione. Agli irriducibili amanti “dei bei tempi andati” lasciamo la parola, senza indugiare. Una risata li seppellirà!