di Giuseppe Barbato
Atalanta-Salernitana è una partita che ha detto più di quanto il risultato finale e gli highlights possono far trasparire. Nel bene e nel male, per entrambe le squadre. Gasperini si porta a casa indicazioni utili per un organico che mostra qualche segno di insofferenza contro difese molto schierate e compatte, nonostante i tanti tentativi di costruzione per scardinarla. Inzaghi dimostra a se stesso l’idea che la Salernitana, a oggi, non è in grado di sostenere una fase offensiva sviluppata senza andare in grosso scompenso difensivo. Queste sono le indicazioni generali, andando nel dettaglio si trovano notazioni importanti da considerare.
Nel primo tempo l’Atalanta ha lavorato relativamente poco dal basso, preferendo subito una ricerca insistita della verticalità. Molte palle lunghe su Lookman e Muriel per attirare la pressione dei centrali e creare spazio alle spalle rispetto al terzino di riferimento. L’altro spazio che l’Atalanta ha provato a esplorare è il mezzo spazio vicino all’esterno, che doveva garantire ampiezza e apertura di quel canale. Queste due strategie e la relativa risposta della Salernitana sono il ritratto tattico del primo tempo e di molti singoli. Il risultato è stato che l’Atalanta ha creato soltanto sul proprio versante sinistro, andando in costante difficoltà a destra. Sul lato destro a fare la differenza sono Martegani e Candreva. L’argentino tocca pochissimi palloni, peraltro senza perderne nemmeno uno, ma fa un grande lavoro difensivo. Va in pressing sempre su Ederson, impedendogli la prima costruzione, e scherma il suo spazio.
L’Atalanta ha grossi problemi nel trovare spazi da quel lato. Cerca di farlo Muriel, sganciandosi e svariando nelle giocate, ma viene limitato dal gran lavoro di Pirola in pressing. Pesa soprattutto la brutta partita di Zappacosta che spinge poco e si fa assorbire dai raddoppi di Candreva che non lascia mai solo Mazzocchi. A sinistra ci sono più spazi: prima di tutto Lassana e Tchaouna non fanno filtro, lasciando a Scalvini conduzioni palla oppure lanci in verticale oltre la prima pressione per Lookman. Il secondo errore sta nella differenza di intenti tra Daniliuc e Gyomber: l’austriaco vuole rompere la linea e anticipare, lo slovacco teme lo spazio alle spalle da concedere al nigeriano. In questi intervalli Lookman ha golosi 1 vs. 1 da giocare e Ruggeri accompagna l’azione. Non a caso le azioni pericolose del primo tempo atalantino vengono tutte da lì.
Le uniche altre circostanze pericolose nascono da palla ferma, non tanto con schemi da palla inattiva, quando dalla solitudine con cui Muriel viene lasciato dai 25 metri in poi. Nel primo tempo ci prova più volte, senza grande esito; nella ripresa è lasciato solo in una situazione in cui nessuno dovrebbe esserlo. Figuriamoci uno con la sua classe: il pareggio è cosa fatta. Circostanza ancora più grave il secondo gol dove una serie di errori frutto di poca cattiveria e intensità nelle marcature, o nell’aggredire lo spazio/palla, regalano a Pasalic la chance del 2-1 poi realizzata. Qui sta il vero scompenso della Salernitana di Inzaghi: finché ha abbastanza birra sull’avversario, pure col baricentro basso, regge il colpo. Altrimenti prende gol con quella facilità che contraddistingue in negativo la sua stagione.
Sotto 2-1 la Salernitana comincia ad avere una fase offensiva, eccezion fatta per la doppia chance di Dia sull’1-1. La lettura dei cambi, dettata dallo svantaggio, presenta una questione chiave: possesso palla e maggior presenza numerica nella trequarti avversaria per riprendere la partita, perché altrimenti la fase offensiva sarebbe troppo sterile. Di base la Salernitana vuole pochi giocatori sopra la linea della palla e poca costruzione dal basso. Qui emergono qualità e allo stesso tempo i limiti del gruppo. L’ingresso di Kastanos consente quella capacità di muoversi tra le linee e trovare linee di passaggio per i centravanti. Perché gli assist del cipriota sono frutto prima di tutto di movimenti alle spalle dei mediani e una circolazione palla più rapida, favorita anche dall’ingresso di Bradaric che consente due opzioni forte sulle corsie esterne.
Di contro la Salernitana continua a fare fatica sulla prima impostazione. Se deve trovare una palla lunga oppure un passaggio lungo, se i difensori non sono pressati, la Salernitana crea chance. Non appena le avversarie alzano il baricentro del pressing e riescono a isolare centrali, braccetti o terzino l’errore è quasi automatico. L’incapacità dei centrocampisti e degli altri difensori di accorciare con rapidità porta gli avversari davanti alla porta e spesso al gol. Insomma, un problema di coperta corta: se la Salernitana si abbassa e si difende magari regge l’urto in difesa ma atrofizza l’attacco; se la Salernitana comincia ad attaccare o lo fa inserendo attaccanti alla rinfusa oppure costruisce prestando il fianco a scompensi che poi non sa gestire. Le sconfitte, anche severe come ieri, e l’ultimo posto sono una conseguenza a oggi inevitabile. Da domani, con l’arrivo di Walter Sabatini e il mercato, vedremo.