Lo scenario è distopico, surreale a tratti. Sembra di essere al centro di un film fantasy dove ogni situazione è possibile mentre in realtà non esiste affatto. I primi 9 anni della gestione del duo Lotito-Mezzaroma rimarranno nella storia della Salernitana non solo per i risultati ottenuti (oltre quelli mancati) ma anche per le ferita profonda che ormai divide la tifoseria granata. Probabilmente mai come in questa occasione, il popolo salernitano si è spaccato attorno al modo di gestire la “fabbrica” granata. Lacrime tante, pochi sorrisi e innumerevoli dubbi sono il sale di un decennio caratterizzato da due fasi distinte e separate: la prima che ha visto la proprietà riportare la Salernitana in B con una serie di campagne acquisti all’altezza dei campionati da disputare; la seconda, ancora in corso d’opera, che invece palesa tante ombre.
Al netto di un’enclave dove pochi fedelissimi dell’attuale proprietà resistono a spada tratta, a suon di “stipendi pagati e conti in regola”, anche una fetta di filo-societari oggi è delusa per i 5 campionati deludenti fin qui disputati dalla Salernitana in serie B dalla stagione 2015-16 in poi. Ma l’universo granata non si riduce solo a loro. Ci sono gli irriducibili “anti-Lotito” che vedono rosso come i tori ovunque il patron della Lazio metta mano o apra bocca, ci sono i complottisti che addebitano i mancati risultati sportivi a fantomatiche guerre di potere nel palazzo calcio. E infine ci sono gli ultras e i tifosi che amano la Salernitana a prescindere da tutto e tutti, in primis da chi è il proprietario – pro tempore – della società granata.
Di crisi di risultati e di crisi societarie, nel corso degli anni, Salerno ne ha viste molte. Ma in ciascuna di esse, la tifoseria era compatta attorno alla squadra ed alla casacca, senza distinguo. Oggi invece la piazza somiglia sempre più ad una torre di Babele. Un male questo che alla fine si ritorce contro e che vede proprio nella Salernitana – intesa come maglia e senso di appartenenza – l’unica vittima sacrificale.