Una stella che si accende d’improvviso nel firmamento. Un fulmine nel bel mezzo della notte buia. Una scintilla che riscalda il cuore di quei bambini chiamati tifosi. Il 16 maggio 2004, nel tempio del calcio milanese di San Siro, un ragazzo di Coldogno dice basta per sempre col calcio giocato. Lui è Roberto Baggio… lui è il calcio. Quanti di noi hanno avuto la fortuna di poterlo vedere all’opera dal vivo non possono non emozionarsi ancora oggi, a 16 anni di distanza da quella domenica e dall’abbraccio con Paolo Maldini, prima della sua uscita dal campo. Indosso la casacca del Brescia, l’ultima piazza dove ha incantato. Per lui una standing ovation da brividi. Abbracci e pacche sulle spalle, lacrime e commozione per uno degli ultimi geni apparsi su un prato verde a dar calci ad un pallone. Baggio era e resta uno di quegli artisti sopraffini del calcio, capace di far accapponare la pelle ad ogni dribbling. Tanti i pezzi d’autore nel suo repertorio, magiche le punizioni a giro, ma ancor di più i guizzi e le finte in mezzo al campo. Di lui manca davvero tutto. Specie oggi che il calcio è fermo e vive la sua lunga notte. Baggio comunque è sempre lì, nel firmamento, a indicarci la via, quella della bellezza del gesto tecnico che incanta tutti, vecchi e bambini. Grazie Roby!

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