di Giuseppe Barbato

Ha senso analizzare una partita conclusa 8-2? Certo. Non ha molto senso vivisezionare il match, bensì cogliere delle situazioni di gioco. Guardando la Salernitana delle ultime settimane si può pensare a una squadra contro l’allenatore. Il campo, anche ieri, ha detto delle cose diverse. La squadra è in enorme difficoltà, su tutti i fronti e Nicola ha precise responsabilità, ma fino all’ultimo secondo ha giocato secondo le sue direttive. Due azioni del secondo tempo, entrambe in attacco, lo spiegano a dovere.

Minuto 51. Rimessa laterale battuta dalla destra da Gyomber, palla a Fazio che smista su Pirola. Il centrale scuola Inter ha un minimo di spazio e conduce palla. Pochi metri e lunga imbucata su Vilhena, che nel frattempo si è mosso tra le linee. L’olandese di prima lancia in profondità per Dia che ha attaccato lo spazio ancora prima che Vilhena ricevesse palla. Dia si incunea in area e tira, la conclusione deviata diventa una chance per Piątek che però non riesce a indirizzare verso la rete.

La seconda è il gol di Nicolussi Caviglia. Si parte da un calcio di punizione, battuto da Fazio, sempre in verticale. Ancora su Vilhena che trova lo spazio per ricevere e anche per arrivare al limite dell’area dove calcia. Il tiro viene deviato, il rimpallo lo porta verso Koopmeiners che forza il passaggio, per via dello stesso Vilhena. L’olandese ha attuato la riaggressione, quindi l’intervenire subito per recuperare la palla persa. La palla giunge a Gyomber che serve Candreva che verticalizza per Dia. Il senegalese si è mosso ancora in profondità, verso il vertice destro dell’area. L’obiettivo è attirare i difensori, svuotare il centro per riempirlo con l’inserimento da dietro dei centrocampisti. Da lì arriva Nicolussi Caviglia che riceve il passaggio a rimorchio, calcia e segna.

Cosa vuol dire tutto questo? L’attuazione di diversi concetti tattici che sono a prescindere dai moduli. Concetti variati rispetto a inizio stagione:

  • La costruzione dal basso c’è ma non è così insistita come prima. Appena si può subito in verticale;
  • I centrocampisti, in particolare gli interni del 352 o Vilhena quando più avanzato, lavorano negli spazi centrali per essere serviti e superare la prima pressione. Prima si cercavano triangoli e catene laterali;
  • Gli attaccanti subito partono per muoversi nella profondità, a prescindere da quanto campo abbiano. Sono mobili e vanno anche sull’esterno per favorire l’intervento di più giocatori;
  • La palla viene persa? Si cerca di recuperarla, orientando su di essa il pressing lavorando sulla ricezione per ottenere l’anticipo;
  • I centrocampisti e i quinti si inseriscono con continuità e sono nel vivo del gioco.

Una squadra che fa tutto questo, sul 5-1 e 6-1 per gli avversari, ha un atteggiamento volitivo. Quello che manca totalmente è la fase di non possesso perché per fare tutto questo servono diverse cose. Prima di tutto le coperture preventive, cioè se un giocatore si sgancia in avanti ce ne sarà un altro pronto a tenere una posizione più arretrata. Tante volte la Salernitana attaccava con tanti giocatori ma senza le preventive o una pronta riaggressione, accorciando sull’uomo o la palla, regalava contropiedi a iosa. Altrettante volte, si è visto anche a Bergamo, sbagliava appoggi in prima costruzione. Erano palle perse sanguinose.

Basta consultare i numeri, anzi un numero: 99. I tiri subiti nelle ultime cinque gare. 41 tra Firenze e Monza, 58 dopo la sosta. Un allenatore che chiude le ultime due gare con 20 tiri in porta in media a partita, ha 50 giorni di tempo e non mette rimedio a questa cosa ha fatto il suo tempo. Negarlo non è onesto. Resta un gruppo di giocatori che ha fatto degli errori ma non ha mai derogato al proprio impegno e sarà quello da cui ripartire. A prescindere da chi arriverà e dai moduli. Il calcio di oggi parte sempre dai concetti, da una testa connessa al gioco. La Salernitana di oggi è sconnessa e il tempo per rinascere c’è tutto.

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