Sarà stata una notte insonne per voi? Spero di no, io di sicuro non ho dormito. E’ la notte prima degli esami. E’ il magone che ti viene prima di sostenere il colloquio di lavoro della tua vita. E’ l’attesa in sala parto. Sono esagerato, di sicuro questo è il pensiero di tanti a leggere queste poche righe. Ma premettendo e ricordando sempre che nella vita i valori e le cose che “contano” sono ben altre, il mio “angolo di felicità terrena” mi provoca sensazioni forti. La vigilia di un campionato è sempre densa di speranze, sogni, anche incubi forse. La voglia di immaginare finali epici da film hollywoodiani è troppo forte, quasi irresistibile. E allora resti con la testa sul cuscino a fantasticare sul gol del tuo idolo al 99′ in pieno recupero, sotto la Sud, con la gente che viene giù come un muro che crolla su se stesso. E le imprecazioni vanno al cielo, volano alte, come anche la soddisfazione e l’orgoglio di essere stato presente accanto a Lei. Già perchè tutto quello che dico e penso e provo lo devo a Lei.

Contro i giallorossi stasera sarà battaglia. La prima di una lunga serie. Non siamo qui per essere simpatici – ha detto qualcuno bravo – ma per far paura a tutti. Giusto. Esatto così. Siamo la Salernitana con tutti i suoi perchè inevasi, i suoi tifosi “fuori classifica”, una società forte e piena di idee per il futuro. Siamo la Salernitana che ci fa litigare – in senso buono – ogni giorno con il nostro vicino di balaustra o di poltroncina, ognuno a difendere la propria “idea” di Salernitana, ognuno a rivendicare la bontà di una tesi su come giocare, vincere, piangere e ridere allo stesso tempo. Siamo la Salernitana, e questo ci basta e avanza.

Giocare contro la Roma evoca ricordi lontani e bambini, per chi c’era ed oggi bambino non lo è più. Ricordi del giugno ’90, quando un campione dal cuore romanista ci accompagnò, tenendoci per mano, fino al nostro paradiso, la serie B. Era l’anno dei mondiali in Italia, l’anno delle lacrime d’addio al Vestuti, l’anno del nuovo regno griffato Arechi. E quel campione è ancora qui con noi. Si chiama Agostino Di Bartolomei, per noi era Ago. Il capitano dal volto buono, il campione dentro e fuori quel prato malridotto di piazza Casalbore, l’uomo che ha saputo trasformare in diamanti purissimi anche i sassi che si siamo lanciati ogni qualvolta lo stadio diventava territorio di battaglia urbana.

Oggi gli interpreti sono cambiati, hanno nomi nuovi, volti ancora sconosciuti, cuori pronti a battere con noi, idee e personalità al passo con i tempi. E noi saremo ancora lì, assiepati sui gradoni del cuore, con accanto i nostri fratelli di sangue, a urlare e stare male per Lei. Davanti alle nostre coscienze ed ai nostri sogni, ci sarà un solo striscione. Sempre quello, sempre Tu: semplicemente guidaci ancora Ago!

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