di Giuseppe Barbato

La Salernitana nelle ultime tre partite ha affrontato tre big come Milan, Juventus e Napoli. Ha giocato in maniera gagliarda, arrivando sempre a perdere punti negli ultimi scampoli del match. Punti che avrebbero dato ben altra classifica a Candreva e compagni. C’è un pattern in tutto questo? Quanta responsabilità ha Inzaghi in tutto questo? Cosa sta mancando ancora alla Salernitana per svoltare? Come mai i granata, a differenza delle sue concorrenti, non riesce a fare quello scatto nei momenti decisivi?

Partiamo dall’atteggiamento tattico. La Salernitana anche ieri ha approcciato, come stile di Inzaghi, una partita molto difensiva. Soprattutto nei primi minuti quando ha lasciato fino a centrocampo che il Napoli costruisse senza pressioni, poi nella metà campo propria chiudeva tutti gli spazi. Due le situazioni tattiche che hanno permesso una difesa compatta e ordinata: l’abbassamento di Candreva e Tchaouna che consentiva alle linee centrali di riempirsi ulteriormente, scalando verso un 3-5-2, e l’alternanza a uscire di Martegani e Łęgowski che prendevano Lobotka o la mezzala che usciva per prendere palla. In questo modo si ricomponeva sempre la struttura posizionale che impediva la verticalizzazione. Il blocco basso e la copertura diagonale di Bradaric e Sambia bloccavano cambi gioco e palle lunghe su Simeone. Il Napoli in sostanza ha tenuto palla senza mai dare la necessaria profondità.

Per almeno mezz’ora le conclusioni sono state poche, spesso lontane nello specchio e mai pericolose. Solo le capacità balistiche di Candreva hanno sbloccato il match. Perché a differenza della partita con la Juve la Salernitana ha faticato in fase di costruzione. Simy non ha fatto salire la squadra (solo 4 palloni toccati nell’ultimo terzo di campo, dato risibile), le combinazioni sono state più rade per quanto sia Candreva sia Martegani hanno cercato di lavorare con il palleggio e le combinazioni. Un buon esempio è stata l’azione che ha portato al tiro di Gyomber, al 12°. Nel primo tempo è mancato anche il possesso palla, dopo il vantaggio. Non a caso il quarto d’ora precedente viene da fasi di costruzione importanti. Ha tentato più volte anche la giocata da cui è nato il gol di Maggiore contro la Juve.

Questo è un aspetto interessante della Salernitana di oggi: quando manovra col pallone non attacca tanto nella metà campo avversaria però sa gestire la sfera e creare delle situazioni pericolose. E limita l’apporto pericoloso delle avversarie, pur mantenendo un baricentro basso e una difesa compatta. Poi la squadra va in scompenso e subisce il gol fatale. L’incidenza di Inzaghi è relativa: se contro il Milan tutto nacque da un suo errore tattico, che passa alla difesa a 5 per poi cambiare quando i rossoneri hanno ripreso coraggio, qui i cambi ridottissimi l’hanno aumentato la sua sindrome difensivista. E in queste situazioni poi è un attimo che l’errore, qualunque esso sia si palesa sul campo. A questo punto sono necessari due distinguo per chiarire i problemi attuali.

Il primo: contro la Juventus è stato criticato Ikwuemesi perché ‘doveva spazzarla via’, contro il Napoli la squadra ha spazzato sistematicamente la sfera invece di provare a gestirla e si è attirata gli avversari lo stesso. Questo al netto degli inciampi individuali, oggetto del secondo punto. Delle due l’una: o bisogna buttare via la sfera a tutti i costi o bisogna giocarla. L’atteggiamento della squadra dimostra che è preferibile la seconda scelta, anche se chiaramente una palla ogni tanto in tribuna fa bene. Il secondo punto è quello degli errori individuali e proprio al nigeriano bisogna guardare. Quando entra in campo mostra un grosso limite: quello di voler strafare, andando verso la giocata più complessa e non quella più semplice. Col risultato di voler far errori banali.

Non è l’unico in realtà a mostrare questo atteggiamento. Non è presunzione, bensì smania di dimostrare. La maggior parte della squadra, in questo momento, entra in campo come se giocasse sui carboni ardenti e con un peso emotivo enorme. Sembra vivere ogni giocata, ogni gesto tecnico come se ne dipendesse la vita. C’è un’ansia enorme, frutto della classifica e delle difficoltà dei mesi precedenti, che si manifesta in tante piccole cose. Che diventano enormi quando poi marcano la differenza tra un pareggio e una sconfitta. La Salernitana come valori tecnici e tattici avrebbe tutto per giocarsela, non ha però quella forza mentale. Questo sta facendo la differenza. È dominata dalla paura e se giochi con la paura diventa facile lisciare un pallone facilmente gestibile.

In questo momento buttare la croce contro giocatori che mostrano evidenti problemi di fragilità non ha senso. Come non avrebbero senso molte altre cose che sono state dette in queste ore. La Salernitana ha bisogno di compattarsi, guardare in casa propria e costruire con fiducia il proprio destino. Rafforzando la rosa senza follie finanziarie, privilegiare il buono del gioco e dell’organizzazione di Inzaghi, abbassando la temperatura dell’ambiente e supportando la crescita del gruppo. Perché i valori individuali contano poco se non si sta uniti. La Salernitana può farcela, lottando insieme per la salvezza e non contro qualcosa o qualcuno.

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