Fabrzio Castori ha ottenuto la decima promozione in carriera guidando la Salernitana verso il traguardo della Serie A. Il tecnico marchigiano è entrato di diritto nella storia del club dell’ippocampo affiancando due leggende granata come Gipo Viani e Delio Rossi. Castori ha raccontato le sue emozioni tramite un’intervista rilasciata alla “Gazzetta dello Sport”.
“Mi sento soddisfatto, anzi realizzato, ma non appagato. Devo dire che la Serie A mi era piaciuta e mi ero detto che ci dovevo tornare e Salerno era il posto giusto, anche se la pandemia ha segnato tutta la stagione. Grazie a Dio non ho avuto problemi dalla positività al Covid, anche se sono rimasto in casa da solo per 20 giorni. Ero dispiaciuto per non poter partecipare allo sprint finale. La tecnologia, con l’aiuto di mio figlio, mi ha aiutatao. Ci tenevo troppo alla Serie A. La prima volta a Carpi fu un’esplosione inattesa, lanciando giocatori scovati nelle categorie inferiori. Qui a Salerno c’è stato un cambio di mentalità dopo Ventura, c’è voluto un po’ di tempo ma ho sentito fin da subito la fiducia della proprietà. C’era un clima pesante nei loro confronti, ma le difficoltà devono essere un’opportunità, non un alibi”.
Castori prosegue parlando del rapporto con Lotito: “Dopo la promozione in A col Carpi gli risposi che le promozioni le determina il campo, non il bacino d’utenza. La stessa cosa gliel’ho ripetuta quando sono arrivato a Salerno. L’estate scorsa mi ha chiamato quando non avevo ancora finito col Trapani, così gli ho chiesto di aspettare. Poi mi ha richiamato. E’ uno battagliero e ha visto che siamo fatti alla stessa maniera. Ha avallato le mie idee e scelto i giocatori che volevo: questa è fiducia, dà forza”.
Castori ha poi rivelato il proprio pensiero sul calcio e sul modo di allenare, con un occhio alla prossima stagione: “In Serie B bisogna correre molto per vincere, la condizione conta quando ci sono tante partite difficili e ravvicinate. Io ammazzo i miei giocatori, ma le mie squadre finiscono sempre i campionati vincendo. Non me ne frega niente di aver battuto tanti colleghi più giovani. Mi aggiorno, ma uno che ha fatto questa carriera non può cambiare le sue convinzioni. Sono arrivato in A vincendo tutte le categorie, vuol dire che le mie idee pagano e mi rafforzano. A me viene sonno quando vedo squadre che fanno cento passaggi senza mai tirare in porta. Io mi ritengo moderno, faccio il calcio di Klopp, di Simeone e dello stesso Guardiola. Lo dice anche Allegri. Il mio è un calcio efficace, per me il passaggio orizzontale in difesa non serve a niente. Il pallone se lo possono portare anche a casa, io mi prendo i 3 punti. Me ne frego delle mode. Il mio punto di riferimento è la velocità con cui si arriva a tirare in porta. Noi della Salernitana siamo organizzatissimi, non ci inventiamo le cose. Per questo calcio bisogna correre e tutti gli allenamenti sono studiati. Portatemi lo scienziato che dice che il bel calcio è quello con cento passaggi. La mia Salernitana ha mostrato carattere nel rialzarsi dopo le sconfitte. Perchè le sconfitte fanno parte del gioco, bisogna superarle in fretta e metabolizzarle. Questi concetti e questi principi basteranno per la Serie A. Poi ci sono i giocatori. Bisogna mangiare l’avversario, come fanno Atalanta e Verona, che giocano come noi. Anche Gasperini e Juric ammazzano i giocatori per attaccare meglio e in fretta, restando corti. Spero che il prossimo anno potremo contare sulla presenza sugli spalti dei nostri tifosi. Sono tanta roba, per noi sarebbe fondamentale, avremmo l’Arechi sempre pieno”.
In chiusura un occhio al futuro con un piccolo aiuto divino: “Lunedì siamo arrivati a Cascia a mezzanotte per un incidente, ci aspettava Lotito per cenare in albergo. Poi abbiamo fatto una visita al Santuario di Santa Rita, il voto dovevamo rispettarlo. Ora siamo pronti a farne un altro”.