Un tempo infinito e veloce in egual misura. La cifra di un’assenza che si legge negli occhi di chi quelle gradinate le considera casa. Il racconto di una passione letta nelle parole di un gigante buono che ha colorato di granata la sua esistenza. Carmine è in trasferta dal 12 aprile 2010, quando decise di “girare le spalle” e andar via per un lungo viaggio. Lo fece nel silenzio. Senza sussulti di sorta. Ma quel giorno piovoso resta impresso nel cuore di chi lo ha conosciuto e gli ha voluto bene come una lapide. Carmine Rinaldi, o meglio il Siberiano, è in trasferta da 12 anni. E Salerno quasi non s’accorge che di cose – in sua assenza – ne sono accadute. Quella di allora era la Salernitana di Antonio Lombardi, delle chiacchiere formato banconota e delle macerie lasciate in eredità dai “direttori dei fattori imponderabili”. Era la Salernitana “della palla di pezza”, che non aveva il cavalluccio sul cuore. Era una Salernitana come tante, destinate più alla polvere che alla gloria. E di polvere ne sarebbe arrivata ancora tanta l’anno dopo. Ma questa è un’altra storia. Quella che a noi interessa è la storia di Carmine. Ultras autentico e “fratello” di Ciccio Rocco. Insieme alla guida della GSF, per anni leader non solo a Salerno ma in Italia di uno stile di vita che oggi stenta – diciamocelo – ad andare avanti. E’ cambiato il calcio e con esso la comunità salernitana, che resta però attaccata a quella passione viscerale che si porta cucita addosso come una seconda pelle. Ed è grazie a quel “macte animo”, che ormai tutti hanno imparato a memoria come la migliore delle preghiere laiche, che il ricordo di Carmine Rinaldi è ben impresso nel cuore dei salernitani. Lui la Salernitana non l’ha mai lasciata sola. Anche e soprattutto nei momenti difficili. Contro tutto e tutti. Come farebbe un padre con un figlio. Già, di padre in figlio. Continua il tuo viaggio, Siberiano. E guidaci ancora. Sempre!

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