Sono trascorsi dieci anni. Una montagna pesante di minuti, ore e giorni senza di lui. E ogni giro di lancette non è stato più lo stesso da quel 12 aprile 2010. Almeno per l’universo ultras salernitano e – lo possiamo dire a gran voce – italiano. Già perchè Carmine Rinaldi – per tutti il Siberiano – era tra le poche “stelle polari” del movimento ultras nazionale, superando le classiche dicotomie da campanile. Oggi la Salerno “pallonara”, quella che vive – a torto o a ragione – per i colori granata si ferma. Nella pausa sociale imposta dalla pandemia, il silenzio di piazza Casalbore è ancora più assordante. Ma quella stessa piazza, quello stadio, quella curva non sono deserte. Sono piene fino all’orlo del suo modo di essere ultras, di quel suo attaccamento ancestrale alla casacca granata, di quel suo spirito “senza padroni, nè padrini”. Il “Siberiano” rappresenta oggi per la tifoseria salernitana il punto più alto mai raggiungo dalla curva. Quasi un dogma cui aggrapparsi per poter “conservare” la memoria emozionale di una delle fasi più intense e affascinanti della storia del tifo organizzato a Salerno. Qualche suo “fratello” questa mattina all’alba è sceso in strada ed ha affisso al muro delle tribune centrali dello stadio Vestuti uno striscione in suo ricordo, a poca distanza dalla sua foto ormai ingiallita dal tempo. “Siberiano in eterno”, recita lo striscione. Per qualcuno solo una frase retorica, frutto di suggestioni e illusioni. Per molti altri invece un giuramento d’amore e la certificazione dell’esistenza di quel legame cameratesco che esiste tra gli ultras e che un evento della vita – la morte – non scalfisce di un millimetro. Oltre ogni limite della nostra percezione sensoriale, il “Siberiano” è presente. Al suo posto sulla balaustra, con la classica maglietta a maniche corte, con il megafono o i rullanti tra le mani. Accanto a lui Ciccio Rocco e tutti i suoi fratelli di curva, tutti innamorati persi come lui di “sua Maestà”. Oggi Salerno china la testa ma solo per un attimo, in segno di omaggio al “guerriero” di mille trasferte. Per poi rialzarla subito e indirizzare lo sguardo al cielo. Ciao Carmine!
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