Il primo varco a sinistra. Il solito tornello malfunzionante. Le rituali operazioni di verifica dei biglietti. Il caffè al bar, rigorosamente amaro. E poi via, lungo le scale, destinazione gradinate della Sud. Il mio posto – da oltre 40 anni – è lì. Non ci sono condizioni meteo che tengano, non ci sono impedimenti che ostacolino quella dimensione magica che si materializza per 90 minuti e che trasforma una giornata normale in un eremo, dove regna la fantasia. Già. Avete presente Peter Pan? Ecco, quello sono io quando finalmente riesco a raggiungere il mio posto sulle gradinate. E poi ci sono gli amici, quelli veri. E c’è lei, la maglia granata. In tanti anni di frequentazione di stadi in giro per l’Italia, quello che più manca in questi giorni di pandemia è il contatto fisico, epidermico con la casacca. E’ per lei che si fanno sacrifici e si consumano imprecazioni, è per lei che il fegato s’ingrossa ed è sempre per lei che gli occhi brillano quando la memoria torna indietro negli anni. Anche “quando non avevamo i palloni”, la Salernitana ci ha tenuti a galla, ci ha fatto gioire e disperare, ridere e piangere allo stesso tempo. Come al gol di Vannucchi contro il Vicenza in casa, quando non sapevamo cosa sarebbe accaduto sette giorni dopo a Piacenza. Ma in quel momento, in quell’istante immortale, ci siamo sentiti fieri di essere salernitani ed abbiamo urlato come mai nella vita.

Oggi ci tocca stare a casa, lontani dalle gradinate dell’Arechi, immersi nel chiacchiericcio nazionale sui colori da assegnare alle Regioni, sui dati e i commenti a pioggia di virologi (anche improvvisati), sulle colpe da dare a qualcuno ma mai a noi stessi. Oggi ci tocca assistere ai teatrini di quelli che dicono di rispettare le regole e lo spirito dello sport, salvo poi essere colti con le mani nella marmellata. In giro, nel calcio italiano, c’è un imbruttimento dei valori etici dello sport che fa venire i brividi. E vabbè, noi salernitani siamo abituati al peggio. Anche questa parentesi finirà, anche questa pagina del libro della Salernitana verrà girata e ne scriveremo un’altra, tutti insieme, come sempre. A noi manca la radiolina in tasca, il Borghetti, la sciarpa al collo, il cavalluccio al collo. Non altro, non abbiamo bisogno di altro. Nè di categorie superiori o coppe dei campioni, di fenomeni del calcio ormai in pensione o di opere di beneficenza di qualche samaritano venuto da lontano.

A noi manca la domenica e la maglietta granata in campo. E nonostante ci sia qualcuno che provi ancora impunemente a offendere, deridere, umiliare la nostra storia, la nostra dignità e la maglia granata, noi torneremo a cantare. A testa alta. A Salerno e in giro per l’Italia. Statene certi. Torneremo!

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