Nel pomeriggio la Roma ha tenuto la conferenza stampa di presentazione del nuovo allenatore, Josè Mourinho. Il tecnico portoghese torna in Italia dopo undici anni dall’esperienza all’Inter con cui ha vinto il triplete. In questo periodo ha allenato Real Madrid, Chelsea, Manchester United e Tottenham.

Di seguito le dichiarazioni salienti della presentazione:
“Prima di tutto voglio e devo ringraziare i tifosi. La reazione dopo l’annuncio è stata veramente eccezionale. Ho avuto subito questa sensazione. Non ho fatto nulla per meritare questo. Mi sono sentito subito in debito. L’accoglienza è stata emozionante. La prima cosa che devo fare è ringraziare loro. Poi ringrazio la famiglia del club, della proprietà, della famiglia Friedkin, di Tiago, di tutti voi. Ma il modo dei tifosi è stato emozionante e mi ha colpito. Perché sono qui? Perché siamo vicino alla statua di Marco Aurelio. Nulla viene dal nulla, nulla ritorna dal nulla. Questo è un significato molto simile a quello che ho sentito io quando ho parlato con Dan e Ryan. Quello che vogliono per il club, un progetto molto chiaro, non dimenticare mai il passato, costruire un futuro, la parola tempo esiste. Quello che la proprietà vuole è non successo oggi e problemi domani. Ma creare un sistema sostenibile. Lasciare un’eredità per il futuro. Questa è la ragione per cui sono qui. Ora è arrivato il tempo di lavorare. Insieme ai miei, a chi è arrivato con me, ma i miei sono quelli che lavorano con noi. Tutti noi. Non siamo qui in vacanza, per fare turismo, siamo qui per lavorare. La Roma ha il nome, il simbolo e i colori di Roma, si confonde con la città nel mondo. Oggi c’è il primo allenamento alle 16”.

Sulla passione e sulla pressione data dalla tifoseria romanista:
“Ho dovuto cambiare già telefono tre volte. Non so come lo avete trovato… Scherzi a parte, è fantastico, è incredibile. Quando lavori in Italia e poi sei lontano, ti manca una realtà in cui si parla sempre di calcio. C’è un lavoro da fare internamente, noi del club dobbiamo centrarci sul lavoro da fare, il nostro. Voi avete il vostro, noi abbiamo il nostro. Non sono una persona troppo simpatica quando lavoro. Io difendo il mio club, ciò che facciamo internamente se possibile deve restare internamente. Tutti noi dobbiamo pensare così. Rispettando però il vostro lavoro. Dobbiamo conoscere il gruppo. È importante farlo. Ci sono dei principi fondamentali, ci sono dei principi non negoziabili. Oggi c’è il primo giorno di allenamento, voglio che i giocatori capiscano subito come lavorare. Il mio modo di lavorare è molto semplice, al 100%. E non solo i giocatori, tutti noi all’interno del club. Ho passato la quarantena nel centro di allenamento, ho visto una gioia terribile di lavorare insieme. E questa è una sensazione molto buona. Un buon feeling”.

Se la panchina della Roma è la sfida più importante della sua carriera e sulla precedente esperienza nel calcio italiano:
“La prossima sfida è sempre la più importante della mia carriera. E parlo di questa sfida, ovviamente importante. A proposito del calcio italiano, l’Italia è una squadra finalista all’Europeo, con tanti giocatori che giocano in Italia. Dunque, è un campionato importante. Noi che lavoriamo per questo campionato dobbiamo fare ancora di più per migliorare. Sono un allenatore migliore. Tutte le persone dovrebbero sentirsi così. Se non miglioriamo, qualcosa non sta funzionando per il meglio. Sono più maturo, ma sono la stessa persona, nel bene o nel male. Io sono l’allenatore della Roma, prima. Non voglio essere niente di più. Ho tanto da fare qui, che mi devo centrare tanto nel mio ruolo. Se come conseguenza del nostro lavoro nel club, noi possiamo dare qualcosa in più al calcio italiano è fantastico. Le situazioni critiche possono arrivare e non arrivare, io per difendere i miei farò di tutto. Se ci sarà bisogno di qualcosa di più, siamo qui. Per cercare io dei problemi ovviamente no. Mi voglio divertire e penso che ci possiamo divertire tutti”.

Sugli obiettivi per questa avventura romana:
“Io sono una vittima di quello che ho fatto. Una vittima di come la gente mi guarda. Nel Manchester United ho vinto tre titoli ed è stato un disastro. Nel Tottenham, dopo una situazione iniziale difficile, mi sono guadagnato una finale, senza possibilità di potermela giocare. Quello che per me è un disastro, per gli altri è una cosa fantastica. L’obiettivo? Parlando in modo molto pragmatico, vincere la prima partita ufficiale. Poi pensare alla prossima. C’è un lavoro da fare, questa squadra e questa società ogni giorno deve essere migliore. Partendo dalla struttura di Trigoria. L’obiettivo è questo, ogni giorno dobbiamo fare meglio ed essere migliori”.

Sulle avversarie e le possibilità di vittoria:
“Non voglio la Roma di Mourinho, voglio la Roma dei romanisti. Io sono uno in più, niente di più. Se tu vuoi parlare della Juventus di Allegri, del Napoli di Spalletti e della Lazio di Sarri puoi farlo, ma la Roma di Mourinho non mi piace. Non è un’ossessione per me parlare in questo modo. C’è una verità: abbiamo finito 29 punti lontani dal primo posto e 16 dal quarto posto. Primo dobbiamo capire perché. Fino ad arrivare a quello che vogliamo arrivare. Il tempo è stata una parola chiave la prima volta che ci siamo parlati con la proprietà. Ma se possiamo accelerare questo processo, meglio. Questa è la mia natura e mi auguro che tutti noi nel club possiamo avere questa mentalità. Voi parlate sempre di titoli, noi parliamo di progetto, di lavoro, di tempo. I titoli sono promesse troppo facili da fare. I titoli arriveranno. La proprietà non vuole un successo isolato. Vuole arrivare lì e rimanere lì. Una vittoria isolata è facile, restarci un po’ meno. Vogliamo essere sostenibili anche nella struttura del club. Non vincere e non poter pagare gli stipendi poi”.

Sul mancato confronto con Antonio Conte e sull’incontro con il connazionale Cristiano Ronaldo:
“Ci sono degli allenatori nella storia dei club che non si possono paragonare. Nella Roma nessuno deve paragonare Fabio Capello o Nils Liedholm ad altri. Nell’Inter nessuno può paragonare me o Helenio Herrera ad altri. Ronaldo? È fortunato che non gioco più difensore centrale…”.

Su come vede la Roma alla scadenza del suo contratto triennale:
“Festeggiando. Cosa? Qualcosa”.

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