E’ vero che non esiste materia più opinabile del calcio, figuriamoci poi ai tempi dei social quanta gente abbia poi possibilità di dissertare di tattica, tecnica, mercato e sostituzioni per poi non saper distinguere un fuorigioco da un calcio d’angolo. Per carità, ogni teoria è rispettabile e non esiste una verità assoluta, ma discutere la gestione di Sousa in queste primissime gare di campionato significa aver vissuto da un’altra parte durante quest’estate così particolare e ricca di polemiche e contraddizioni. La Salernitana si è presentata alle prime partite di campionato con gente fuori forma, una panchina corta, alcuni ruoli scoperti e volti nuovi per ovvie ragioni non pronti e che andranno aspettati e sostenuti. Se Sousa avesse proposto dall’inizio la formazione che ha chiuso la partita con l’Udinese – tanto pe fare un esempio – probabilmente ne avremmo presi 3 nel secondo tempo. Invece l’allenatore, che vede i giocatori ogni giorno, ha preferito concedersi qualche rischio e arrivare agli ultimi 25-30 minuti con una gara ancora in bilico e la possibilità di ribaltarla con forze fresche che, a Roma, sono mancate tremendamente. Paulo Sousa, maestro di calcio, non può certo non rendersi conto che Botheim in A ad oggi è impresentabile e che Bohinen in fase di non possesso fa fatica, ma gettare nella mischia da subito Martegani e Ikwemesi (o Cabral) era un rischio che non ci si poteva permettere. E Sousa, che fa l’allenatore e non il gestore o il professore di filosofia, nelle sue strategie pensa sempre nel medio-lungo termine leggendo tutto in largo anticipo e spesso con bravura e coraggio. A nostro avviso, pur non avendo la controprova, questi 2 punti in tre match sono frutto quasi esclusivamente della lungimiranza del trainer portoghese. Quello che fa 2-2 all’Olimpico con Fazio titolare, Lovato a mezzo servizio, Mamadou Coulibaly unica alternativa a centrocampo, Botheim dall’inizio e Dia al 20%. E quello che oggi, avesse avuto un altro bomber a disposizione, forse l’avrebbe addirittura vinta a Lecce.

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