Doppio passaggio televisivo ieri sera per il co-patron della Salernitana Marco Mezzaroma, intervenuto in diretta su LiraTv e Ottochannel. Tra i diversi temi trattati, ovviamente, non poteva mancare l’emergenza Coronavirus che di fatto costringerà tutti a giocare a porte chiuse fino ad inizio aprile e il calo di presenze fatto registrare allo stadio Arechi in occasione del match casalingo contro il Venezia.
“Non vedo quali colpe così gravi siano state commesse che possano aver causato un calo di spettatori – ha esordito Mezzaroma – le cause possono essere molte, ma tolgo di mezzo quelle sulla teoria del galleggiamento che è come il terrapiattismo. Io mi sono reso conto che è un po’ cambiato tutto il mondo del calcio e quindi anche il clima. Siamo diventati tutti esperti di finanzia, bilancio o talent scout, sembra che i 90′ del campo siano passati in secondo piano. L’evento deve essere la cosa più rilevante, io sono amante del vecchio calcio. Quando la gente seguiva la squadra nel bene o nel male, a prescindere dalle proprietà. Io ringrazio quelli che sono sempre presenti e vicini alla squadra. Qualcuno viene occasionalmente, quando c’è un evento particolare. A questi dico di non essere tifosi di Mezzaroma o Lotito, ma della Salernitana. La proprietà passa, la Salernitana rimane”.
Un pensiero chiaro e lineare, di certo non proprio condivisibile se a conti fatti la maggioranza della tifoseria salernitana non entra più allo stadio come faceva un tempo. L’analisi del problema è evidentemente superficiale e non si è voluti scendere nel dettaglio. Qui non si tratta di amore o non amore per la Salernitana (che resterà quando passerà anche questa proprietà, come ha ripetuto Mezzaroma) ma di quel senso di appartenenza e di attaccamento ai colori sociali che sono stati mortificati nel corso degli ultimi campionati (in particolare l’ultimo) quando la stessa proprietà non ha accompagnato come avrebbe dovuto la squadra, squadra “abbandonata” per mesi, durante i quali è precipitata nei bassifondi della classifica, finendo poi retrocessa sul campo (al netto delle decisioni del giudice sportivo sul Foggia) e salva grazie alla lotteria dei play out.
Le colpe – a nostro avviso – ci sono e sono ancora (purtroppo) presenti. Al di là del dato sportivo, il rapporto con gran parte della tifoseria è rotto da tempo. Una ferita insanabile se – come abbiamo già più volte rimarcato – non ci sarà “un passo indietro” da parte di chi (registrazioni alla mano) più volte non ha avuto rispetto della storia granata (dimostrando anche di non conoscerla in modo approfondito) e di questa gente, che continua ancora oggi a invocare chiarezza, linearità e soprattutto – lo ripetiamo – rispetto. Non saranno i risultati sportivi a riportare la gente all’Arechi, quelli non bastano più. Basta prendere atto di questa situazione e agire di conseguenza, cercando di salvare il salvabile. All’appello – ad esempio – mancano ancora le scuse pubbliche che la proprietà promise al termine dello scorso campionato. Sarebbe un bel gesto.