di Giuseppe Barbato

Siamo al 92°: Antiste ha appena segnato il definitivo 5-0, il pubblico del Mapei Stadium esulta mentre una minoranza sparuta lascia lo stadio. Un tifoso riprende la scena e resta stupito dai tifosi granata che, davanti all’impietosa immagine del campo, alzano i decibel invece di inveire contro la squadra. Ma che te ne fai dell’orgoglio se hai perso 5-0? La risposta alla fine. Ora riavvolgiamo il nastro per capire cos’è successo nei 90 minuti prima.

E se non fosse un problema di intensità?

Intensità è la parola associata alla Salernitana targata Davide Nicola, termine ombrello per definire tutta la proposta calcistica degli ultimi mesi. Abbiamo ragionato poco su cosa volesse dire intensità e sull’applicazione pratica di questo concetto. La Salernitana della scorsa stagione, non avendo abbastanza tecnica per costruire da dietro, viveva molto degli stacchi di Djuric per poi aggredire la seconda palla e ricostruire da lì il gioco. Applicava “l’intensità” lì, prendendo il pallone nelle situazioni di contesa per poi riversarsi in avanti.

Questa Salernitana, avendo la qualità per impostare un possesso palla, conta molto sulla prepotenza dei quinti e su una fase di non possesso molto alta per spegnere subito le fonti di gioco altrui. Quando non applica questo spartito cosa può fare? Cosa sa fare? Sassuolo-Salernitana è la risposta a queste due domande. In questo momento, quando manca l’applicazione dei concetti, la Salernitana si abbandona al proprio avversario e non sa fare. Parafrasando Piero Calamandrei l’intensità è come l’aria: te ne accorgi quando manca.

Mettersi in trappola da soli

Alessio Dionisi, alla vigilia, lo aveva detto: dobbiamo far prevalere il nostro tasso tecnico, soprattutto quando la Salernitana calerà i ritmi. Ciò che non si aspetta è che la Salernitana non avrebbe iniziato come suo solito, avrebbe atteso i nero-verdi. I granata portano il pressing sui quattro difensori, uomo su uomo con Vilhena ad alzarsi su Toljan, ma solo sulla carta. La circolazione è sempre comoda, mai disturbata. Se ne accorge subito Consigli che prova qualche lancio lungo, misurandoci. Magari la Salernitana ricostruisce in modo diverso il proprio gioco, aggredendo la seconda palla per poi da lì ripartire. Nemmeno questo: i primi possessi granata sono arruffati, quando il Sassuolo attua la fase di riaggressione, oppure troppo lenti nel giro palla. È solo questione di tempo: prima o poi, muovendo palla, un uomo si sarebbe liberato alle spalle della prima linea di pressione oppure sugli esterni si crea spazio da attaccare.

Mazzocchi e Candreva, oppure Bronn, sono sempre bassi per non lasciare spazio a Ceide a Laurentié. La coperta è troppo corta e il palleggio nero-verde lo evidenzia: l’immagine di tutto questo non è il gol del francese, bensì la palla gol di Thorstvedt al 16°. Consigli serve Ferrari che, con i quattro attaccanti alti, lancia subito in verticale per esplorare il gioco. Sulla seconda palla interviene Coulibaly, nemmeno troppo convinto ma vince il contrasto. Daniliuc la perde subito, spazzandola dove c’è Toljan che serve subito Ceide e attacca lo spazio lasciato libero. Frattesi è lì vicino e Maxime Lopez subito indietro. Il Sassuolo ha almeno tre opzioni di passaggio e ne sceglie una quarta: Pinamonti nel frattempo ha portato via Daniliuc, creando un varco centrale. Thorstvedt l’attacca con tranquillità e arriva a tu per tu con Sepe.

Se il tuo avversario ti lascia costruire da dietro, non aggredisce la seconda palla e anche quando la vince non è qualitativo, per dirla col gergo di Nicola, basta aver pazienza. È ciò che fa il Sassuolo: si mette in attesa di spazi da poter attaccare. Alla Salernitana non resta che affidarsi a situazioni di gioco rotto, frutto di rimpalli, oppure rari scambi di qualità tra i centrocampisti. I due centravanti ricevono sempre spalla alla porta e i centrocampisti accompagnano pochissimo. Una sola volta Dia riceve fronte porta, con il suo movimento a uscire: serve subito Mazzocchi che punta e chiude il triangolo. Il senegalese poi calcia fuori ma è l’unico sussulto. Due minuti prima Laurienté si incarta davanti a Sepe, dopo una cavalcata di 50 metri; due minuti dopo Ferrieri Caputi fischia il rigore. La partita è già in archivio e non per la decisione dell’arbitra livornese.

Il gattopardo dei moduli

Davide Nicola è persona intelligente, sa che se non mette mano alla squadra va incontro al disastro. L’atteggiamento troppo passivo e la costante inferiorità, eccezion fatta per il pressing sui due centrali, è drammatica: la squadra passa a un 4-3-3 storto, con l’ingresso di Radovanovic e Bradaric. Il serbo deve garantire qualità nel possesso e circolazione palla, il croato sovrapposizioni in attacco e parità numerica in difesa. La squadra si riversa in avanti ma non sa cosa fare, in balia di un mix indigesto tra vecchio e nuovo. Il Sassuolo abbassa ancora di più il baricentro, nell’attesa di attaccare al momento giusto il possesso sterile granata e le praterie alle spalle. C’è un altro aspetto preoccupante: la Salernitana non applica le coperture preventive. In questo modo i centrali sono obbligati a ripiegare di diversi metri e prima o poi il conto lo paghi.

Arriva al 53° la tassa da pagare. Fino a quel momento la squadra di Dionisi resta bassa, corta e stretta. Lascia tutta l’ampiezza di campo, conscia che gli esterni andranno sempre verso il centro senza mai attaccarla. In fase di non possesso circolazione orizzontale, a volte nella metà campo granata, e tentativi di verticalizzare. Quando scatta il recupero palla ci sono 50 metri di campo da percorrere, con 4-5 giocatori, e i soli Lovato e Daniliuc da ripiegare. I gol di Thorsvedt e Harraoui sono così. Con l’ingresso di Bonazzoli la Salernitana si schiererà con un 3-4-3 che regala solo altro campo ai nero-verdi. A questo si può scorrere il nastro e tornare al minuto 92.

La rabbia e l’orgoglio

Il miglior pubblico che ho mai visto qua a Reggio. Non han mai fischiato la propria squadra… è impressionante che siamo 5-0 e siam messi così. Io volevo andare a casa ma ho detto ‘No, voglio vedermi il pubblico della Salernitana. Questa curva meravigliosa ma anche la tribuna

Le frasi sono riprese da un video di cui stanno parlando tutti, una spilletta da mettersi al petto. In realtà la vera spilla è quello che succede dopo: la squadra e Nicola corrono di fronte al settore ospiti, chiedono scusa e il pubblico continua a cantare. C’è qualche fischio, qualche insulto ma è fisiologico. L’orgoglio si sgancia dalla rabbia, diversamente da come scriveva Oriana Fallaci, e lo sconfigge.

Adesso però viene il difficile e cioè sconfiggere l’orgoglio. Quello di Nicola che deve derogare ad alcuni dettagli del suo spartito per venire incontro a una squadra che non ha la forza di eseguirlo per intero. Quello della società che ha il dovere della chiarezza, a prescindere da chi sarà in panchina. Le parole di De Sanctis sono meno pesanti di quanto sembrino e proprio per questo hanno bisogno di un profilo diverso, più rassicurante agli occhi della tifoseria. Quello della squadra che non può sgretolarsi davanti alla perdita di Fazio e Bohinen, per quanto di grande forza mentale e tecnica, e deve sostenersi di più. Moriremo insieme? Proviamo prima a vivere insieme: i 4500 del Mapei Stadium hanno chiesto questo. Domenica con l’Hellas degli ex Djuric e Verdi l’occasione di archiviare il passato per rinforzare il proprio presente.

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