di Giuseppe Barbato

Sono altre quattro le città preminenti: Parigi nelle scienze, Salerno nelle medicine, Bologna nelle legge, Orleans nelle arti attoriali

Questa frase è attribuita a San Tommaso d’Aquino. Il celebre pensatore qui sta parlando delle prime università e delle città che incarnavano i modelli migliori. Tra i luoghi menzionati ci sono Salerno, per via della scuola medica, e Bologna, per via dello Studiorum. In questi tempi presenti Salerno sta dimostrando di essere preminente anche in un altro campo del sapere: il tifo calcistico. L’anno scorso in tanti dicevano “è il primo anno di A, è normale fare questi numeri. L’entusiasmo calerà col tempo”. Un anno dopo la tifoseria risponde portando il doppio dei tifosi, complici anche le riaperture Covid che superano il 50% dello scorso anno. Volendo trovare una motivazione “razionale” si può guardare al mercato e al roboante successo contro la Sampdoria. La realtà si pone su un piano razionale e irrazionale allo stesso tempo: l’energia che la tifoseria salernitana può scatenare è impressionante, può illuminare una città come fanno i geyser islandesi, e adesso sta solo fluendo nella direzione giusta. Percorrendo i 103 anni di storia granata ci si rende conto di quanto sia stata incompresa, depotenziata e svincolata dal campo.

Basterebbero i numeri a rendere di cosa parliamo: tremila persone, quindi oltre la capienza del settore ospiti, in un giovedì sera qualunque a 600 km di distanza da Salerno. Un contributo importante è giunto dai club del nord Italia, anche ieri presenti in massa, ma da solo non giustifica l’apporto di passione arrivato sotto San Luca. E non giustifica nemmeno i decibel che hanno fatto apparire l’elegante Dall’Ara spiovente come l’Arechi: forse è questo l’elemento decisivo. Non arrivano tremila persone: arrivano tremila ultras con la voglia feroce di cantare, sventolare bandiere e spingere la squadra. Questa cosa non ha emuli in Italia e pochissimi nel resto d’Europa. Poi c’è il destinatario di tutto questo: la Salernitana, intesa come società e squadra. Il club lo fa attraverso i reel delle partite, sempre ricchi del colore e dei volti della gente, e poi c’è la squadra. Solitamente lo manifesta in occasione del riscaldamento e dopo il triplice fischio: ieri si è aggiunto un altro tassello, forse inedito nel calcio. La squadra ieri è entrata in campo, ha svolto le formalità di rito e prima di schierarsi per il fischio d’inizio ha salutato il pubblico.

Nell’aria c’è un desiderio di superarsi, di imporsi che non ha a che fare né con la rivalsa né con la vendetta. Sentimenti presenti in chi troppo a lungo è stato escluso dal posto che sente di meritare e che spesso, per smaltire la propria frustrazione, sceglie la strada della violenza. Salerno no o almeno non più: ha trovato nuove vie. Il passato sembra davvero alle spalle: c’è troppa gioia e fiducia nel futuro per guardarsi indietro. La Salernitana, questa Salernitana, lo ha capito e ha voglia di urlarlo a tutto il mondo. Di tempo ne è stato già perso troppo: adesso è il tempo di vivere.

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