E alla fine è emerso il vero “sentimento” di Napoli nei confronti di Salerno. E’ bastato ritrovarsi ad un passo dal titolo dopo 33 anni per far emergere quella presunzione e quell’arroganza che poi hanno pagato a caro prezzo. Dentro e fuori il rettangolo di gioco. Quanto stiamo leggendo soprattutto dopo il  gol del pareggio di Dia (non lo ammetteranno mai, ma non poter festeggiare in casa, dopo una settimana di pressioni per spostare il match a domenica e per di più contro i granata ha dato fastidio e non poco, i video che circolano sul web sono eloquenti) testimonia che era unilaterale (e nemmeno condivisa dai più) l’idea di creare quel famoso ponte tra le due città e di riavvicinare due realtà corregionali che stanno onorando al meglio la serie A e che stanno consentendo al Sud di riscattarsi dopo anni di dominio settentrionale e di “biscotti” indigesti per i meridionali. Da Salerno, anche in modo eccessivo e spesso retorico e demagogico, gli appelli si sono moltiplicati, da Napoli invece sono sempre arrivati messaggi di chiusura. Ma Salerno non accetta lezioni da nessuno, soprattutto da chi soffre di memoria corta e vuole fare la morale. Perchè se loro scendono in piazza dopo una sconfitta della Juventus in una finale di Champions League è goliardia, passione ed entusiasmo. Se invece 5000 persone esultano per un punto acciuffato in extremis in casa della capolista è “Carnevale di Rio” e atteggiamento da inferiori. Ovviamente non hanno capito nulla. La gente, la squadra, i dirigenti, l’allenatore, la proprietà, la Salernitana tutta ha festeggiato perchè, dopo sette giorni in cui è stata vista come vittima sacrificale sulla base di una festa presunta, è tornata a casa con un risultato positivo. Contro le tv nazionali che avevano preparato speciali e documentari affidando il pre-partita agli speaker in lacrime. Contro chi ha vietato la trasferta a una tifoseria che ha sempre mostrato civiltà, educazione e correttezza e che non ha mai subito sei mesi di squalifica. Contro la stampa partenopea che, in buona parte, ci ha accusato sovente di invidia, frustrazione e complesso di inferiorità dimenticando che è a Napoli che, per strada, ci sono wc a tinte granata, manifesti di morti con augurio di retrocessione e minacce di “venire a Salerno a spegnere le luci”. E mentre all’Arechi gli unici cori sono sempre e solo stati di sostegno alla causa, lì erano a 10 minuti dallo scudetto e cantavano “tornerete in serie B”, senza che nessuno letterato (che non ha perso occasione per confermare quanto fossero fasulle le parole d’amore per Salerno nei mesi scorsi) si indignasse. 

Sfottere e non essere sfottuti, per la serie “se lo faccio io ok, ma guai se lo fanno gli altri”. Vittimismo o consapevolezza che Salerno e la Salernitana si avviano verso la strada della rinascita e della consacrazione togliendo loro l’etichetta di essere l’unica campana della A? Quanta incoerenza, quante contraddizioni, quanti falsi storici, quanti luoghi comuni.  Secondo loro, tanto per dirne una, fuori dalla Campania diciamo di essere napoletani, la storia però insegna che sono altri che hanno festeggiato per la vittoria dell’Argentina nei mondiali italiani. Loro che basano la rivalità o i contenuti dei festeggiamenti sui trofei messi in bacheca dicendo che non abbiamo storia per poi vivere con ossessione il parallelo con Juventus, Milan e Inter che hanno vinto trenta volte di più e pure non fanno tanto casino.  A questo punto anche i tifosi della Pro Vercelli potrebbero sentirsi in diritto di rivendicare la loro storia, condita da ben 4 scudetti in più. E sui social continuano a girare post vergognosi, imbarazzanti, da denuncia, in cui si augurano incidenti aerei o si fa ironia su un evento drammatico che ancora oggi è una ferita ancora aperta. Certo, pochi idioti che popolano il web non rappresentano la massa ma aspettiamo ancora la presa di posizione della stampa napoletana rispetto – almeno – a chi di mestiere faceva il comico ma fa più ridere in veste di giornalista. E, sempre a proposito di social, davvero originale riprendersi mentre si è allo stadio e poi postare un video di esultanze e incazzature casalinghe fingendo di vedere la partita: per la serie “strumentalizzare una passione per qualche click in più”. D’altronde è sicuramente intelligente e coerente utilizzare “pisciaiuolo” come massima offesa, loro che sono come Salerno una città di mare. E allora se ne facciano una ragione: Salerno non ha nessuna invidia, non si sente inferiore, ha una storia straordinaria alle spalle e una squadra di calcio che ha vinto il trofeo più importante: quello della passione.

Quel sentimento che ha spinto 12mila persone a seguire la D o che ha portato 100mila innamorati a sfilare in piazza per celebrare il centenario invocando l’acquisto dei segni distintivi. E’ identità, altro che “dopo Cava dicono di essere di Napoli”. Ma chi? Quando? Dove? I 5000 dell’Arechi non erano lì – solo – per esultare per l’1-1 in un derby in trasferta, ma anche e soprattutto per lanciare un segnale forte e prendersi una rivincita verso chi, vergognosamente, esortava a portare il pallottoliere e ha sminuito la forza di una squadra che, il suo scudetto, lo raggiungerà nei prossimi 30 giorni e che aveva già fermato organici più forti di quello del Napoli e avversarie che, sì, hanno una tradizione da brividi in serie A. E se pure non dovesse succedere poco importa. Salerno sarebbe pronta a garantire lo stesso entusiasmo, lo stesso amore e la stessa passione anche in B, in C, in terza categoria. Fregandosene altamente dei risultati di chi dice di snobbare, ma che ha finalmente palesato il vero sentimento di astio verso Salerno. Quella tifoseria che domenica, in un tripudio di bandiere sventolate da bambini e da intere famiglie, ha semplicemente esultato (come accaduto dopo la Lazio, ma anche dopo un 2-1 a Cesena) per amore. Senza macchine distrutte o problemi di ordine pubblico. Un saluto agli amici napoletani, in bocca al lupo per il loro terzo scudetto. Ma l’ospite sgradito, come rimarcato anche da testate internazionali, ha onorato il gioco del calcio rovinando la festa con una prestazione fatta di cuore, carattere e dignità, frutto della spinta di un popolo innamorato e che, lo ribadiamo, non accetta lezioni da chi sfotte…e non vuole essere sfottuto. E ora stop all’entusiasmo e testa alla partita contro la Fiorentina. Difficilissima, per tanti motivi anche più della gara del Maradona. Anche perchè la Salernitana avrà 24 ore in meno per prepararla in virtù di festeggiamenti che, grazie a Dia, non ci sono stati. 

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