di Giuseppe Barbato

Due premesse prima di andare sull’analisi. Da un lato la Sampdoria non è il test più probante del calcio italiano in questo momento. La squadra di Pirlo, oltre che modesta negli interpreti, è prigioniera di una serie di paure e incertezze tattiche; anche ieri l’ha dimostrato. Dall’altro lato la Salernitana vive una situazione difficilissima, anche una partita di questo tipo nascondeva insidie e preoccupazioni. Averla vinta 4-0, creando altre occasioni da gol e soffrendo relativamente poco è un segnale importante. Bohinen e compagni ne avevano bisogno, è quantomeno uno spiraglio di luce per una squadra che non ne aveva. E vincere anche la partita, sulla carta, più semplice rafforza la tua psiche.

Poi c’è il campo, i suoi responsi. La Salernitana ha costruito la sua vittoria partendo dal pallone e da una struttura ibrida, alternando momenti di difesa a tre e a quattro. Anche l’attacco mutava forma in alcune situazioni. La densità di possesso favoriva quegli elementi che Inzaghi vorrebbe dare al suo gioco, almeno in attacco. L’ampiezza degli esterni, la circolazione centrale, i movimenti a venire incontro di Ikwuemesi e Botheim: tutto era funzionale a creare più linee d’attacco e costringere gli avversari a sceglierne una da coprire. Lì doveva arrivare una palla in verticale sullo spazio libero e un compagno pronto ad attaccarlo. Quando la squadra è riuscita a creare spazi al centro sono nate occasioni e i pericoli per la Sampdoria. Dopo l’1-0 c’è stato anche margine per attaccare in transizione.

La Sampdoria non ha creato grandi pericoli però quei pochi che ha costruito erano evitabili. C’è stato l’ennesimo errore in anticipo che ha innescato l’occasione di De Luca nel primo tempo, qualche incertezza di troppo in conduzione palla che poteva provocare ripartenze sanguinose. Il dato più interessante è l’utilizzo di Bronn: il tunisino ha garantito in fase di possesso un’uscita palla efficace, in difesa rimanendo bloccato dava coperture preventive permettendo a Tchaouna di sganciarsi più facilmente e giocare con quella libertà di cui ha bisogno. Inoltre la sua capacità consentiva alla squadra di alternare 3-5-2 a 4-3-3. Per certi versi un ritorno ai dettami che Sousa che voleva giocatori in grado di fare terzino e braccetto. L’altro elemento equilibratore è stato Bohinen: il norvegese, l’abbiamo detto mille volte, quando gioca al centro e giostrare attorno alla palla fa la differenza anche in fase di non possesso.

Contro il Napoli di Garcia la Salernitana deve ripartire da queste due cose: possesso palla, soprattutto in mezzo, senza forzare la palla lunga e risalendo il campo con più passaggi ed equilibrio. Quindi avere il giusto mix tra giocatori di spinta e gente che sa fare copertura preventiva. Non bisogna avere timore né dell’avversario, che non è quello dell’anno scorso, né dell’atteggiamento tattico. La Salernitana nelle gambe forza e tecnica, ha giovani con smania di dimostrare. Ha giocatori che se sbloccati psicologicamente possono dare tantissimo. La partita di Marassi l’ha dimostrato: se tu parti con l’intento di non prenderle poi non ce la fai perché entri nella spirale e non ne esci. La partita diventa un mulinello che ti trascina giù. Bisogna giocare con la corrente, adottare un atteggiamento diverso. La Salernitana può giocare all’attacco: l’ha dimostrato ieri e va fatto sempre.

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