di Giuseppe Barbato
Imbattuta da quasi 700 minuti, terza in campionato e in testa al girone di Europa League. I risultati parlano chiaro e raccontano il momento magico della Lazio di Sarri, dopo alcuni tentennamenti iniziali e soprattutto il 5-1 in Danimarca che poteva avere effetti nefasti. Dopo questa debacle Zaccagni e compagni hanno aperto una serie positiva, tra campionato ed Europa League, di otto risultati utili consecutivi. Una serie che la Salernitana spera di interrompere, sebbene sarà molto difficile.
Cos’è cambiato nell’ultimo mese? Quali sono le qualità tecnico-tattiche dei bianco-celesti che, insieme al Napoli, sono la squadra più in forma del torneo? Il calcio di Sarri è rinomato, con le sue codifiche e i suoi schemi. Eppure qualcosa è cambiato da quando il tecnico toscano è arrivato a Formello. Lo spettacolo ammirato a Napoli sembra lontano eppure i principii di gioco sono sempre quelli: la costruzione da dietro, con un possesso che disintegra le strutture avversarie creando spazi in verticale da attaccare con grande facilità. L’anno scorso aveva espresso a sprazzi tutto questo e ha portato la Lazio a investire molto sul mercato. Eppure, come spesso capita, da soluzioni low-cost sono arrivati i colpi migliori, quelli che hanno dato solidità alla squadra. A cominciare dalla difesa che vede in Romagnoli e Provedel i suoi cardini.
Il centrale, giunto alla sua Lazio dopo anni di inseguimento, ha garantito esperienza e leadership. Inoltre ha permesso ai compagni di sgravarsi da alcuni compiti, soprattutto di gestione della linea difensiva. Il pipelet italo-russo, miglior portiere degli ultimi due campionati secondo le statistiche avanzate, partiva come riserva di Luis Maximiano, arrivato a Roma con un investimento di 10 milioni di Euro. Lo spagnolo però è durato solo cinque minuti, da lì in poi Provedel non ha più lasciato la porta. Non è chiamato in causa come a La Spezia ma è attento e preciso. Al suo fianco gli altri difensori, su tutti Hysaj e Patric, garantiscono quella fluidità di possesso che è il punto di partenza del gioco laziale. Si è visto soprattutto contro l’Atalanta quando la costante superiorità numerica e la capacità di trovare giocatori liberi negli spazi ha fatto la differenza.
La partita di Bergamo ha rimesso in mostra i famosi triangoli, elemento storico della costruzione offensiva. La Lazio attuale non gioca sempre così, di solito lavora alla ricerca di spazi in profondità e con gli attaccanti che devono saper attirare su di sé i difensori per creare varchi da attaccare. Questa dote è appannaggio di Pedro e soprattutto Mattia Zaccagni. L’ex-Hellas si muove bene su tutto il fronte d’attacco, dimostrandosi nel corso del match incursore, rifinitore e goleador. Al loro fianco l’onnipresente Milinkovic, in grado con la sua fisicità di spostare gli avversari. In questo modo, pur non producendo grandi occasioni da gol, sta trovando il modo per sopperire l’assenza di Immobile. L’adagio ‘il centravanti è lo spazio’ per la Lazio funziona perché ha tanti giocatori in grado di crearlo e attaccarlo, senza dare riferimenti.
Tutto ciò richiede equilibrio e uomini in mezzo che sappiano fare bene raccordo. L’equilibrio la Lazio lo trova con una diversa gestione del baricentro, anche piuttosto basso se necessario. Sugli uomini molto ci si aspettava su Marcos Antonio, acquistato dallo Shahktar. Un grande contributo è giunto da Matias Vecino, giunto a parametro zero dopo due anni difficili. Le 25 presenze nelle ultime due stagioni potevano molti dubbi sul piano fisico. L’uruguayo, agli ordini del suo vecchio mentore, ha ritrovato condizione e mutato il suo compito nello scacchiere. Non più mezzala pura ma abile supporto a Cataldi in mezzo, quando necessario regista basso e pronto sia in ripiegamento sia negli inserimenti. A Bergamo ha corso 13.2 km, più di tutti gli altri. Non male per un giocatore che sei mesi fa sembrava fuori dal grande calcio.