di Vanni Vignes
“Che vinca o che perda, noi siamo sempre qua”. E i tifosi granata questo mantra lo sanno a memoria. Lo cantano dentro e fuori Salerno, simbolo identitario di una passione senza categoria. Già, la categoria. L’anno scorso in molti hanno “venduto” l’anima al diavolo, pur di conquistare una serie A mai programmata dalla precedente (?) società e soprattutto hanno svenduto la nostra dignità in cambio di qualche briciola di visibilità, di qualche prebenda da pezzenti o miserie simili. In pochi – tra cui il sottoscritto – eravamo testardi nel ripetere a noi stessi come quell’impresa dei ragazzi di Castori fosse solo (o quasi del tutto) frutto di una estemporanea congiunzione astrale, con partite vinte (tante) nonostante fossimo stati presi aa pallettate dall’inizio alla fine. Ma quella era la serie B e quando indovini anche l’anno fortunato (rigori, gol al 98? e via discorrendo) eccoti servita la promozione.
La gara di oggi – siamo alla tredicesima giornata – è la cartina di tornasole di ciò che è stato lo scorso anno: una promozione mai programmata, mai costruita e chissà se gradita (ovviamente non parliamo dei tifosi), arrivata al termine di un torneo anonimo dal punto di vista del gioco e della qualità. Da quel momento sono iniziati i nostri guai, con la favoletta del trust che era l’unico modo per garantire il nostro futuro ed anche l’investimento dei precedenti proprietari. Ebbene quel trust oggi produce un Salernitana-Sampdoria 0-2, al termine di una gara allucinante. Non tanto per la non qualità tecnica di molti atleti (ma non è colpa loro se non c’è l’hanno nei piedi e nella testa, ma di chi ha costruito questa rosa), ma per l’atteggiamento mentale di chi si sente già retrocesso. A partire dal tecnico, Stefano Colantuno, che a fine gara ai microfoni dei cronisti, ha ribadito come sia rimasto seduto in panchina per tutto il secondo tempo “per evitare di mettere pressione ai calciatori”. Ma stiamo scherzando? Diteci che siamo finiti in una candid camera, perchè in caso contrario saremmo di fronte ad una sorta di ammutinamento diplomatico che poco ha a che fare con la dignità di una squadra di calcio e soprattutto della sua tifoseria.
E’ ora di resettare tutto. Non ci illudiamo che a breve avremo una nuova società, chi ci crede sta ancora scrivendo le letterine a Babbo Natale. Beato lui. Noi crediamo a quello che vediamo in campo ed alla cruda realtà di una classifica che da qui alla fine dell’anno ci condurrà verso l’inferno. Grazie a chi? I tifosi con la T maiuscola sanno bene di chi siano le colpe e le responsabilità. Sta a loro prendere le distanze dai responsabili veri di questo sfascio e provare a ricostruire l’immagine della nostra Salernitana che in Italia ormai è diventata lo zimbello di tutti, finendo nelle barzellette dei mass media o negli sfottò social di quasi tutte le altre tifoserie. Salerno e la sua storia sportiva non lo meritano. Chi è colpevole faccia un passo indietro, lo può ancora fare oggi, dando ai salernitani quella “libertà” che non conosce categoria, ma solo la parola dignità.