di Vanni Vignes

La Superlega è a conti fatti un po’ come la “supercazzola” di Ugo Tognazzi: un insieme di parole e termini buttati a caso in un discorso senza senso. Ecco, ci siamo: il calcio del futuro è un no-sense. La notizia della possibile nascita di una superlega in Europa (con in testa le italiane Juve, Inter e Milan) ha gettato nello sconforto le tifoserie di mezzo mondo. Non tanto per il progetto in sè, ma per i “non valori” che si celano alle spalle dei discorsi in doppio petto dei manager di quelle squadre.

Il calcio è nato molto tempo fa, prima ancora che gli inglesi lo codificassero a metà dell’800. Ed è nato popolare, sporco di fango, applaudito da folle sempre più grandi di “malati”, capaci di tutto pur di non far mancare il proprio urlo a sostegno della squadra del cuore. E’ nato popolare perchè è il sogno di ogni bambino, che insegue un pallone che rotola in strada. E’ nato popolare perchè le emozioni che offrono i gradoni degli stadi, i chilometri delle trasferte, le bevute insieme agli amici di sempre non hanno prezzo. Oggi invece il prezzo lo hanno imposto i cosiddetti “top team”, quelli con le stellette cucite sulle casacche dopate di sponsor. Ed è un costo salatissimo, che prevede – alla fine del percorso – la mutazione genetica del tifoso in cliente e del calcio da passione popolare e showbiz.

L’aspetto bello in tutta questa vicenda che maleodora di banconote è la reazione degli ultras, la pancia del tifo mondiale. Loro, quelli brutti, sporchi e cattivi, hanno iniziato a costruire barricate contro l’orda famelica della superlega, minacciando addirittura di sacrificare la propria passione pur di restare fedeli ad un ideale. Eccola la linea da seguire: quella degli ultras. Senza compromessi, muro contro muro, a mani nude, ma tenendo fede ad un giuramento d’amore, senza se e senza ma. Amore incondizionato. Come quello degli ultras della Kop del Liverpool, che hanno ritirato tutti gli striscioni dalla curva ed affisso un bandierone nero a lutto all’ingresso di Anfield Road. “Il Liverpool F.C. è morto” recita. Idealmente quel pezzo di stoffa è davanti ad ogni stadio, ad ogni curva che si rispetti. E di rispetto ce ne vorrebbe tanto per gli ultras, ultimi innamorati di un calcio destinato a diventare genere di consumo. Lunga vita agli ultras! Odio eterno al calcio moderno!

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