Impietoso. Il tempo scorre inesorabile e macina con sè tumulti e sentimenti, carte anagrafiche e sogni di bambino. Non è uguale per tutti, dipende dalle emozioni che ci mettiamo dentro ad ogni secondo. E la scadenza di metà novembre – quella del trust per capire se la Salernitana potrà essere ceduta o diventare un “buco nero” – si avvicina, ma non con la stessa velocità. Per i tifosi, la nuova deadline sembra non arrivare mai, un traguardo che più il calendario sfoglia le sue pagine, più – paradossalmente – sembra allontanarsi il giorno della “liberazione” (possibile ed auspicabile). Per coloro i quali invece sono i responsabili assoluti della gestione societaria (precedente ed attuale), di quella sportiva e manageriale, le lancette sono più volenterose e corrono veloci.

Ma se il tempo ci darà comunque delle risposte (belle o brutte che siano), il campo – per ora – dice che la Salernitana non è da serie A e nemmeno lontanamente può immaginare di mettere sotto di sè ben tre squadre. Non che manchino l’onore e la maglia sudata, non che difettino – gli atleti – di impegno e dedizione – ma quello che manca è molto semplice, talmente evidente che anche qualche distratto cronico potrebbe e dovrebbe accorgersene: una rosa qualitativamente e quantitativamente all’altezza di una lotta per non retrocedere.

I responsabili – come dicevamo prima – hanno nomi e cognomi. In primis la vecchia (?) proprietà, facente capo al duo Lotito-Mezzaroma, capace di scrivere una pagina sportiva incredibile nell’ultimo decennio granata, ma al tempo stesso “prima donna” di un reiterato e scellerato progetto di mortificazione della storia di questa squadra, dell’orgoglio di una città intera, della passione di una tifoseria senza eguali in Italia. Se sono davvero andati via oggi, va comunque loro ascritta una responsabilità pesante: aver generato un “abominio” etico quale è il trust pur di non vendere la società in tempi ragionevoli (hanno avuto 8 anni a disposizione, gli stessi delle deroghe concesse dalla Figc per la questione multiproprietà) e consentire al nuovo management di organizzare una squadra all’altezza del compito, quello di salvarsi. L’altro responsabile – ancora alla guida della società granata – è il direttore sportivo Angelo Fabiani, molto attento nel etichettare come soddisfacente la rosa da lui allestita per il torneo 2021-22, come inutili e pretestuose le richieste dei tifosi e degli addetti ai lavori di altri elementi di qualità e infine come “colpevole” dei mancati risultati l’ormai ex tecnico Fabrizio Castori, classico capro espiatorio di italica tradizione.

Fatta questa premessa, a questo punto della stagione e con una salvezza ancora possibile se si corre ai ripari ora e subito (con cessione societaria, cambio del management e campagna acquisti a gennaio degna di questo nome), sarebbe auspicabile un nuovo comunicato stampa del trust – anche senza firma – con cui (con gli stessi termini perentori) si faccia luce sulle responsabilità della invereconda posizione in classifica che occupa la Salernitana e si decida di allontanare chi di dovere. E’ compito del generale Marchetti – novello Caronte di questa “barca” in mezzo alla tempesta – assumersi l’onere delle decisioni migliori al solo – e si sottolinea solo – scopo di tutelare la Salernitana, la sua storia e la sua gente.

Lo si deve – eticamente parlando (altro che soldi, bilanci e interessi) – a chi – leggasi i salernitani innamorati della loro squadra – si sobbarca costi e sacrifici enormi pur di non lasciare sola la squadra, offrendo spettacolo in tutta Italia.

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