di Giuseppe Barbato

Salernitana-Inter è stata una partita molto difficile, dove l’analisi tattica e la narrazione si scontrano ferocemente. Il risultato e la furia agonistica possono nascondere i tanti problemi dei granata, messi in luce come sempre da Paulo Sousa in sala stampa. Molto c’è da raccontare sulle sue scelte, più razionali di quel che sembra e volte alla conservazione della squadra. La premessa sta qui: in una Salernitana che più di tanto non può dare, eppure raccoglie tanto. Anche più di quello che meriterebbe perché non basta la grinta e il cuore nel calcio, anche se sono un buon punto di partenza.

Cosa voleva fare con Bronn quinto a destra?

La sensazione è quella secondo cui Paulo Sousa abbia sbaglia formazione. Non è affatto così. Parto da un presupposto: la Salernitana ha grossi problemi di fase difensiva. Al di fuori di una grande aggressività uomo su uomo sulla prima impostazione avversaria non sa fare altro. Non ha una struttura chiara, eredità della gestione precedente. L’Inter è una squadra che non conosce il dribbling, molto votata sulle sponde di Lukaku oppure sulla corsa dei quinti. I principali pericoli li produce a sinistra, con le risalite di Acerbi che danno rinforzo. Il ragionamento di Sousa è consequenziale: blocco medio-basso per non dare profondità, con i quinti bloccati per annullare gli esterni e un pressing per provocare l’errore sulla prima costruzione. Bronn doveva dare quel supporto lì. Una specie di 5-2-3 che però perde di significato dopo sette minuti, inutile far la vivisezione delle tante responsabilità. Non solo del tunisino.

A questo punto emergono le tante difficoltà della squadra. Candreva e Kastanos ripiegano sull’esterno, per un 5-4-1 che provi a rafforzare il centrocampo senza riuscirsi. Qualcosina, come a Spezia, si vede sull’asse mancino. Ai tanti passaggi orizzontali e alla confusione della mediana Pirola e Bradaric rispondono cercando di dare profondità e di spingersi in avanti. Accompagnati da Candreva che arriva a prendersi palloni sulla linea dei difensori, cercando di togliere la sfera dalla stagnazione dei passaggini che non danno apprensione. La squadra fisicamente non ne ha e l’Inter sfrutta la costante superiorità numerica, con Barella e Mkhitaryan che si alzano e abbassano tra le linee. Lo sviluppo degli uomini di Inzaghi sarebbe anche facile da leggere ma la Salernitana non ha gli strumenti. Servirebbe un filtro, che non c’è da nessuna parte, e una linea difensiva più alta, che Gyomber non guida a dovere.

Mezz’ora di furore fisico e poco altro

Paulo Sousa è persona intelligente e prova a cambiare piano: il primo prevedeva Bronn, il secondo prevede l’immediata sostituzione. Con l’ingresso di Dia e Daniliuc spostato a terzino la squadra passa a un 4-2-3-1 che però non dà gli effetti sperati. Non è solo questione di baricentro o forza fisica: è sapere cosa fare, prima di tutto con la palla. Nei primi venti minuti della ripresa la Salernitana continua ad avere paura del pallone, con l’aggravante che si lancia in avanti. Il risultato è che l’Inter ha le occasioni migliori per chiudere il conto ma sbatte sulla traversa, su Pirola e soprattutto su Memo Ochoa. Ma l’abbiamo detto: Sousa è persona intelligente e capisce che la nuova struttura va rinforzata. Con un palleggiatore e un uomo che dia la linea difensiva: sono Troost-Ekong e Nicolussi Caviglia.

La squadra si trasforma perché comincia a prendersi il pallone, a usarlo davvero. Lo dimostra il dato del possesso palla: nettamente superiore nell’ultima mezz’ora. Di contro Inzaghi butta giù il castello del primo tempo, togliendo Asllani e Barella. Brozovic non è ancora pronto e l’ingresso di Gagliardini è sciagurato perché regala posizioni e campo da esplorare. Non è un caso che lo sviluppo del gioco granata passi sempre da sinistra, per poi dirottarsi a destra con Candreva sempre pronto sul cambio gioco. La traversa di Dia e il gol nascono così. Però non c’è quello sviluppo corale. Solo sporadicamente la squadra fa vedere giocate o movimenti di gruppo. C’è tanta iniziativa individuale, anche la fase offensiva è tutta da sviluppare. La Salernitana attacca, mette tanto cuore ma non crea davvero. Mancano ancora tanti pezzi e a seconda dell’avversaria sul piano fisico regge 30-40 minuti, non di più.

La saggezza proviene da Viseu

A fine partita a Paulo Sousa viene chiesto di Nicolussi Caviglia, perché non ha giocato prima. La spiegazione del mister è stata molto chiara. HNC ha un talento enorme, dire che Paulo Sousa non lo vedesse è disonesto. Semplicemente aveva bisogno di tempo, ha ancora bisogno di tempo: tatticamente e fisicamente. Questo ragionamento va ampliato a tutta la squadra. La Salernitana continua a fare punti, a rafforzare la sua posizione emotiva e di classifica però non è ancora il calcio di Paulo Sousa. Credo lo vedremo il prossimo anno. Ogni settimana che passa si rafforza l’idea che la Salernitana stava cadendo nel baratro. L’uomo di Viseu non solo l’ha ripresa, dandole una corda a cui aggrapparsi. Le ha ridato energie, motivi per cui giocare a calcio. Solo su una cosa ha torto: ieri è stata fortunata. Ma è una bugia a fin di bene.

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