Un tempo in Italia c’era il Minculpop – tradotto per i non avvezzi di storia contemporanea “Ministero della Cultura Popolare” – che censurava ogni frase fuori posto che potesse essere indigesta per il regime mussoliniano. In Unione Sovietica e nel blocco dell’Est europeo c’erano strutture similari con il compito di filtrare ogni informazione in modo da non ledere l’immagine dell’establishment comunista agli occhi dell’occidente filo-americano. Oggi invece – nella più piccola e “provinciale” Salerno per fortuna abbiamo chi, senza averne titolo, giudica e bacchetta decine se non centinaia di migliaia di tifosi salernitani, rei di non essere allineati con il pensiero unico.

Sulle pagine odierne della Gazzetta dello Sport è stata pubblicata una lunga ed articolata intervista al direttore sportivo della Salernitana Angelo Maria Fabiani, che per onor di cronaca, riportiamo parola per parola qui di seguito… “L’attuale dirigenza della Salernitana si riassume in un nome solo, quello del direttore sportivo Angelo Fabiani, l’uomo che fa da tramite tra la vecchia e l’auspicabile nuova proprietà. L’uomo che ha fatto il mercato con i quattro spiccioli a disposizione (“E per ogni acquisto ho dovuto avere il via libera dai trustee”). L’uomo che da un’intera tifoseria è visto come il braccio armato di Lotito, che lo ha voluto con sé a Salerno nel gennaio 2014. E per questo viene insultato, con cori allo stadio e scritte sui muri della città (“Ho letto: “Fabiani cancro”. Ringrazio chi l’ha scritto: ha voluto omaggiare il mio segno zodiacale, essendo io nato a luglio”). Sul serio, Fabiani: le fa male tutto questo? “No. Perché dovrebbe? Nella vita sono portato a fare del bene. E chi fa del bene riesce a sopportare il male. Ma poi nessuno ce l’ha con me veramente. Il vero patrimonio della Salernitana sono i 5-6 mila malati della curva, gli stessi che andavano sui campi sterrati. A loro porto rispetto incondizionato, anche quando mi contestano. Poi ci sono i tifosi da tastiera. Io, quando da ragazzo andavo al bar, le stupidaggini che dicevo con gli amici al bar restavano confinate. Oggi, con l’avvento dei telefonini, anche il più coglione può ottenere visibilità. È una minoranza la cui voce è però amplificata dai social. Ma il mio povero papà diceva: ricorda che i ragli dell’asino non arrivano in Paradiso. Oggi la Salernitana è una realtà consolidata in Serie B. Adesso sta facendo un passaggio in A. Chi non mette in preventivo un’eventuale retrocessione è un folle. Certo, prima che accada, in campo dobbiamo perdere fino all’ultima goccia di sangue. Ma, se cadremo, cadremo in piedi, con giocatori di proprietà: Simy, i due Coulibaly…“. Perché la Salernitana è ancora nel limbo tra cessione e commissariamento? “Credo che nessun imprenditore locale voglia entrare nel tritacarne della critica e della pressione ambientale. Accusano Lotito e Mezzaroma di non aver venduto il club in tempo, prima di arrivare in A. Loro si erano posti il problema, ma, davanti alle offerte ricevute, si sono chiesti: e se poi chi arriva dura appena una stagione e porta la società al fallimento, come troppe volte è successo in passato? Non hanno ritenuto di consegnare la società al primo scappato di casa. E ne ho visti, di scappati di casa che volevano appropriarsi di questo club per mettere le mani sui soldi in cassa. Se la Federazione ha avallato l’istituto del trustee è proprio perché questa è una società sana. Perciò, un grazie a Lotito e Mezzaroma questa città lo dovrebbe”. Ma lei crede che alla fine la Salernitana sarà venduta? “Lo so quello che la gente dice: Lotito vuol fare il furbo, dietro al trustee c’è lui, non vuole vendere… Non è così. Lotito ha ceduto le quote sociali ai due trustee. Che hanno l’autorità di cedere a un prezzo diverso e inferiore rispetto a quello richiesto dai vecchi proprietari. I tempi si sono allungati perché non siamo davanti a una trattiva tra due soggetti privati: qui c’è di mezzo la burocrazia”. Fabiani, conferma le dimissioni all’insediamento della nuova proprietà? “Sarà un atto dovuto. Poi starà agli altri decidere. Lascerei un centro sportivo meraviglioso, un’impronta manageriale e qualche titolo vinto”.

Leggendo con attenzione il testo dell’intervista realizzata dal cronista della “rosa”, si incontrano delle affermazioni che farebbero rizzare i capelli in testa anche a qualche monaco tibetano in eremitaggio da decenni. I tifosi della Salernitana – ad eccezione dei 5-6mila della curva – sono definiti tifosi da tastiera, dei coglioni che con l’avvento dei telefonini cercano visibilità. Ovviamente, quando si utilizzano certi epiteti, ci si riferisce unicamente ai tifosi che contestano e non sono allineati con il modus operandi dell’attuale dirigenza della società granata. Dunque la Salernitana avrebbe solo 5-6mila veri tifosi, quelli della Curva Sud e tra questi – magari – quelli che non intonano nemmeno un piccolo coro contrario. A questo punto, ci verrebbe da chiedere come mai quando si tratta di incassare i soldi dei biglietti dei settori Tribuna e Distinti nessuno solleva qualche obiezione. Evidentemente il denaro non puzza.

Ma andando oltre e tralasciando il tentativo di trasformare in oro ogni azione dirigenziale portata in essere dal 2014 ad oggi, la frase che rappresenta l’offesa più grave per un’intera città è quella che recita così… “Oggi la Salernitana è una realtà consolidata in Serie B. Adesso sta facendo un passaggio in A. Chi non mette in preventivo un’eventuale retrocessione è un folle“. Dunque, se la lingua di Dante non è un mero esercizio onirico, la Salernitana è e resta una squadra di serie B, che è finita in serie A per sbaglio e chi non è conscio che a giugno si ritorni matematicamente in cadetteria è un visionario.

Pensiamo che a queste affermazioni del direttore Fabiani non si possa che opporre una sola considerazione: il tempo passa inesorabile e lascia dietro di sè ritratti e macerie. I primi sono dedicati a chi ha trascorso il tempo inseguendo la propria passione, con dignità e senza mai fare un passo indietro (leggasi la gente di Salerno); le seconde sono soltanto il risultato di chi ha calpestato quella passione. Lasciamo fare al tempo “galantuomo”.

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