di Ciro Romano

L’amore non si misura, te lo porti addosso: il giorno dopo, a volte, ti schiaccia.
L’amore per la Salernitana si consacra al lunedì mattina.

Il mondo riparte, ignaro ed indifferente alla stanchezza tua, che nemmeno ricordi l’ultima ora di sonno quand’è stata.
Un jet-lag in cui le marce saltano, giri a vuoto e con la mente sei ancora là.

Alla notte di sonno che sabato è saltata. La stazione, formicaio brulicante ed operoso ed entusiasta. I diffidati accompagnano gli amici sorridendo: quando il treno scompare in galleria, scomparirebbero essi stessi, ché l’esilio lo piangi in solitudine.
Il vagone, quello appresso e l’altro ancora: open space in cui degrado, risate e compagnia si dividono seggiole e scomparti.
Il settore, i settori: siamo ovunque, a ridosso dell’erba, coi calciatori che si voltano a guardare lo spettacolo e i locali a mangiarsi il fegato. Salerno tracima, non puoi farci nulla.
La pioggia, vecchia vigliacca, ti prende giusto all’uscita, affinché il ritorno ti sconquassi fino alle ossa.
E poi ancora treno e amici e cori e birra santa e degrado: il sonno non arriverebbe comunque, in quel rito orgiastico che ti distrugge ogni volta ma vorresti non finisse mai.
Quando finalmente arrivi a casa, stanco e strutto, ti accorgi ch’è già lunedi.

Quando ammirate l’Oceano Granata che colora l’Italia, soffermatevi. Dietro ognuna di quelle teste, quelle braccia al cielo, quelle sciarpe c’è una storia, un racconto, un romanzo. C’è una casa che aspetta, sonno perso, passione sincera. C’è una settimana nell’attesa di novanta minuti in cui butterai il sangue, ma è lì che devi stare.

È martedì: la trasferta, di fatto, finisce adesso ma pensi già alla prossima. Nella tua mente, la trasferta non finisce mai.
È una dolce condanna: arrenditi, scegli una canzone e consegnati.

Adesso e per sempre t’amerò, Granata. Ovunque sarai, ovunque sarò.

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