di Giuseppe Barbato
La Salernitana torna da Spezia con un punto e la sensazione di aver limitato i danni, dopo una ripresa agonica con la squadra messa alle corde dagli uomini di Semplici. La classifica continua a sorridere, date le sconfitte delle ultime tre, ma accontentarsi di così poco non fa bene. Cos’è successo nei secondi 45 minuti? Hanno inciso così tanto i cambi, in un senso e nell’altro? Oppure c’erano delle avvisaglie già nel primo tempo? L’analisi tattica di Spezia-Salernitana parte da quest’ultima domanda.
Il primo tempo è sopravvalutato
Lo Spezia ha preparato la partita con un problema grosso: come risalire il campo senza Nzola? La risposta è stata cercando spesso la verticale, con gli attaccanti pronti a fare da sponda per inserimenti di centrocampisti e terzini. L’impostazione passava quasi sempre da Ampadu ed Ekdal, con passaggi oltre la prima linea di pressione. La Salernitana rispondeva con pressing e contro-pressing molto alto per complicarle ulteriormente la partita, con esterni e braccetti che davano il riferimento della linea. Tanti gli errori spezzini in fase di appoggio e disimpegno nel primo quarto d’ora garantivano un buon recupero palla. L’azione granata si sviluppava con Bradaric e Dia. Il senegalese si abbassava prendendo palla tra le linee, per poi scambiare con i compagni e attaccare l’area. La prima occasione al 10° nasce così.
Col passare dei minuti lo Spezia prendeva le misure, facendosi vedere nella metà campo avversaria. Già dal 20° in poi comincia a risalire il campo e creare pericoli. Lo faceva lavorando con tanti effettivi, abili ad accorciare in zona palla per poi allargare il campo e attaccare la profondità. Lo Spezia dimostrava una costante superiorità sulle seconde palle e sul fraseggio corto a metà campo. Ekdal in mezzo era costantemente accompagnato da due calciatori delle catene laterali. La Salernitana teneva botta a sinistra con Bradaric e Pirola, complice anche l’assenza ingiustificata di Verde. A destra andava in difficoltà: Daniliuc e Sambia non accorciavano a dovere, con Vilhena spesso mal posizionato. Non a caso le due occasioni con Kovalenko e Shomurodov nascono da lì, con tanti giocatori bianchi ad attaccare l’area.
Tante piccole situazioni del primo tempo hanno mostrato come lo Spezia sapesse sempre cosa voleva fare. Non è riuscito a farlo con continuità per due fattori: 1) il baricentro molto alto della Salernitana nel primo tempo; 2) Lassana Coulibaly. Il maliano ha giocato una grande partita, facendo sia l’interditore sia il regista. 22 passaggi in avanti sui 28 totali riusciti, tanti recuperi e continuo lavoro sui centrocampisti spezzini per stroncare le ripartenze. I recuperi palla a metà campo, o anche solo i contrasti, sono stati fondamentali per coprire i buchi. Perché il pressing altissimo è giusto ma poi, quando l’avversaria lo supera, bisogna ripiegare e stringere le maglie. Questo la Salernitana non lo faceva già nel primo tempo. Gli arrembanti dieci minuti finali, col gol e le due occasioni nel recupero, hanno nascosto tutto questo che nella ripresa è diventato evidente.
Perché Sousa ha sbagliato i cambi
Il mister, in sala stampa, ha fatto autocritica sui cambi. L’analisi tattica della ripresa però non deve partire dai cambi di Sousa ma da quelli di Semplici. Il tecnico spezzino, consapevole del potenziale espresso nel primo tempo, ha tolto chi non stava facendo bene: Kovalenko e Verde. Mantiene l’assetto e inserisce Zurkowski per avere inserimenti costanti e Maldini per attaccare la fascia destra granata, punto debole già nel primo tempo, con Gyasi spostato a destra. L’effetto è immediato: lo Spezia crea un fronte d’attacco e, complice l’abbassamento del pressing granata, comincia a manovrare dal basso con tranquillità. A questo punto servirebbe una mossa di Sousa ma è ancora Semplici a farla, inserendo Agudelo per Gyasi. Il colombiano parte largo ma gioca tanto dentro il campo, creando chance con la sua tecnica e aprendo spazi per inserimenti che giungono sia sull’esterno (Amian) sia in zona centrale (Ekdal e Bourabia).
Sousa vede la squadra in costante inferiorità a centrocampo e inserisce Maggiore, togliendo Piatek. La prestazione del centravanti polacco è stata assolutamente insufficiente, non basta tenere un riferimento in area. Serve anche un lavoro sul gioco aereo e nel gioco a terra che è mancato assolutamente. Maggiore entra con un doppio ruolo: schermare gli inserimenti avversari e garantire forze fresche in fase di pressing. L’idea è giusta ma il risultato non è quello sperato perché non c’è quello scambio di posizioni con Vilhena che ci si aspettava. L’olandese è assorbito dagli avversari, l’ex-Spezia è depotenziato in una posizione così avanzata. Gli avversari prendono campo e alzano il baricentro, stringendo l’avversario in una morsa. L’errore, condiviso tra Pirola e Coulibaly, è il frutto di una presa totale del centrocampo da parte dello Spezia: basta un appoggio sbagliato e la frittata è fatta.
La Salernitana non ha più un possesso palla, la risalita del campo è scomparsa. Dia è troppo solo, molti uomini sono in debito d’ossigeno. Lo Spezia, supportato psicologicamente dal gol, capisce che il momento è buono. Alla superiorità numerica aggiunge quella tecnica, con i tredici dribbling di Maldini e Agudelo che danno ulteriori spazi. Non bastano le spazzate di Gyomber per dare respiro. Sousa ha due problemi ma ne affronta uno solo, inserendo Bohinen al 71° per Candreva. Qui c’è l’errore chiave perché non basta inserire il norvegese. La mediana si ingolfa ulteriormente, mantenendo intatti gli scompensi, e non si risolve il problema del riferimento avanzato. I successivi dieci minuti sono drammatici e la Salernitana esce del tutto dalla partita. Il triplo cambio successivo è la mossa della disperazione per reggere l’urto avversario ma è tardi: lo dimostra la doppia occasionissima di Ekdal, giunta solo un minuto dopo.
Prendersi il punto? Sì, con riserva
I minuti finali scorrono senza troppi pericoli ma con un’apprensione che la Salernitana non aveva vissuto con Paulo Sousa in panchina. Il tecnico portoghese torna a casa con un punto e molto su cui lavorare. Da un lato deve lavorare su di sé, la lettura della partita prima e durante. Dall’altro deve capire su quali giocatori fare affidamento in vista del rush finale. I nove punti di vantaggio sulla zona retrocessione sono un margine importante ma la linea del traguardo è ancora lontana. La storia dell’anno scorso insegna e la Salernitana ha tutto per non vivere la stessa storia, con ruoli rovesciati.